CHE COS’E’ L’UNINOMINALE MAGGIORITARIO

NOZIONE DI “UNINOMINALE MAGGIORITARIO”, SUE POSSIBILI VARIANTI E LORO EFFETTI SUL SISTEMA POLITICO E SUL COMPORTAMENTO DEGLI ELETTORI

Scheda tecnica – 6 settembre 2010

Con l’espressione sintetica “uninominale maggioritario” si indica un sistema elettorale nel quale in ciascun collegio tutti i candidati concorrono per un solo seggio e pertanto può vincere uno solo di essi: quello che raggiunge la maggioranza richiesta (a seconda delle possibili varianti, può essere sufficiente una maggioranza relativa, o può essere necessaria quella assoluta).

Questo significa che i voti ottenuti dai candidati perdenti hanno soltanto un significato politico, ma non producono alcun effetto nella distribuzione dei seggi. In conseguenza di ciò il sistema uninominale maggioritario produce un’accentuazione dell’effetto degli spostamenti dell’elettorato. Per esempio, se alle ultime elezioni in un collegio lo scarto tra il vincente (partito A) e il perdente (partito B) è stato del 5%, basta uno spostamento del 6% dell’elettorato perché il partito A perda il seggio e il partito B lo guadagni; e nell’ipotesi in cui questo accadesse in cento collegi nello stesso modo, quello stesso spostamento del 6% potrebbe spostare cento seggi da A a B (normalmente, come è ovvio, questo effetto maggioritario si verifica in misura minore, per effetto della distribuzione diseguale degli spostamenti). In altre parole, in un sistema politico bipolare, l’uninominale maggioritario tende ad attribuire al partito o coalizione che vince un “premio” (guadagno di seggi) più che proporzionale rispetto all’aumento effettivo dei voti.

I vantaggi dell’uninominale maggioritario – oltre alla spinta che esso dà al bipolarismo, quindi a un sistema politico nel quale è più facile l’alternanza di forze diverse al potere – sono essenzialmente questi:

   ‑ l’elettore sceglie direttamente tra un numero molto limitato di candidati, con ciascuno dei quali può avere un contatto immediato: si consente così la conoscibilità personale del candidato;

   ‑ il contatto ravvicinato tra elettore e candidato fa sì che, nella scelta di voto, pesi la fiducia nella persona più che l’opzione ideologica a favore di questo o quel partito; ciò favorisce, nel dibattito e nella formazione delle scelte politiche, il prevalere del pragmatismo sull’ideologia; favorisce quindi la laicità del governo dello Stato, intesa come metodo di cooperazione per il bene comune tra persone di fedi o ideologie diverse (questo, ovviamente, è considerato come un difetto dell’uninominale maggioritario da tutti coloro che considerano invece come un fatto positivo la caratterizzazione essenzialmente ideologica, o addirittura religiosa, della scelta dell’elettore, che si consegue meglio con il sistema proporzionale che prevede una concorrenza tra liste);

   – il contatto ravvicinato tra elettore e candidato rende più difficile e rischioso per le segreterie dei partiti il “far passare” candidati con gravi precedenti penali, o con gravi imputazioni;

   – si riduce il costo della campagna elettorale per il candidato: il collegio uninominale è infatti il collegio elettorale più piccolo che si possa avere (in genere le sue dimensioni si misurano in qualche decina di migliaia di elettori, e non in centinaia di migliaia o milioni, come accade nei sistemi proporzionalistici); questo riduce il rischio che, per farsi eleggere, il candidato sia costretto a contrarre obblighi gravosi verso questo o quel finanziatore.

Le varianti dell’uninominale – Questi effetti positivi possono essere accentuati o ridotti, a seconda della variante che si adotta, tra le molte riconducibili alla nozione di “uninominale maggioritario”:
   – nella versione a turno unico (c.d. “uninominale secco”, oggi in vigore in Gran Bretagna e U.S.A.), si vota una volta sola e vince chi consegue il maggior numero di voti, anche se non la maggioranza assoluta;
   – nella versione a doppio turno (oggi in vigore in Francia), invece, al primo turno vince soltanto chi consegue la maggioranza assoluta dei voti; se nessun candidato ottiene questo risultato, si vota di nuovo quindici giorni dopo.
La versione a doppio turno produce effetti diversi a seconda che, al secondo turno, vengano ammessi soltanto i candidati che al primo turno hanno ottenuto i due risultati migliori (con conseguente forte incentivo all’aggregazione di due poli contrapposti), oppure i primi tre, oppure non venga posto alcun vincolo.
In Gran Bretagna il nuovo Governo, nato dalla coalizione di Conservatori e Liberali, su istanza di questi ultimi, sta promuovendo un referendum, destinato a tenersi nel maggio 2011, su di una riforma ispirata al modello australiano, che potrebbe portare effetti analoghi al sistema di uninominale a doppio turno, senza necessità che si voti in due tempi: all’elettore viene data la possibilità di esprimere non soltanto una prima scelta, ma anche una seconda, la quale potrà assumere valore decisivo nel caso in cui nessun candidato abbia conseguito la maggioranza assoluta delle prime scelte. Anche in questo modo si favoriscono le coalizioni tra forze politiche diverse; ma, a differenza del doppio turno alla francese, si ottiene che gli eventuali accordi non vengano stipulati dopo un primo turno di voto, bensì debbano essere noti agli elettori fin dal primo voto, che qui resta l’unico.
Si possono ipotizzare e sono state praticate anche delle forme di temperamento degli effetti dell’uninominale maggioritario, consistenti in contaminazioni tra sistema uninominale e proporzionale. Per esempio, l’ordinamento elettorale che è stato in vigore in Italia fino al 2005 – cosiddetto Mattarellum, dal nome dell’on. Mattarella, che lo propose – prevedeva che soltanto tre quarti dei seggi venissero assegnati secondo un sistema uninominale maggioritario, mentre un altro quarto dei seggi veniva assegnato secondo un sistema proporzionale: questo consentiva anche ai partiti più piccoli di ottenere una rappresentanza parlamentare (c.d. “diritto di tribuna”), ancorché in proporzione notevolmente ridotta rispetto alla percentuale dei voti conseguiti.

 

L’UNINOMINALE POLITICAMENTE POSSIBILE 

 

 

Uninominale “secco”

(a turno unico; vince il candidato che raggiunge il maggior numero di voti, anche se non ha la maggioranza assoluta; la bipolarizzazione del voto è accentuata dal meccanismo c.d. del “voto utile”)

 

Costituisce il sistema ideale in un sistema bipartitico

Nel sistema politico italiano attuale:
   -> i sostenitori vedono in esso un fattore forte di orientamento dei comportamenti politici
  – in direzione di un sistema bipartitico
  – in senso meno ideologico e più pragmatico

   -> i contrari denunciano:
  – il rischio che le forze politiche minori, dove possono essere decisive, ne traggano una rendita di posizione attraverso gli accordi di “desistenza” con i partiti maggiori
  – il rischio che si accentui la frammentazione localistica della rappresentanza parlamentare

 

Mattarellum versione Senato

(a turno unico; vince il candidato che raggiunge il maggior numero di voti, anche se non ha la maggioranza assoluta; i resti vengono tuttavia recuperati per l’elezione dei migliori secondi, nell’ambito di un determinato gruppo di collegi)

 

 

La riutilizzazione dei resti attenua l’effetto maggioritario dell’“uninominale secco”, consentendo una rappresentanza più ampia al secondo, al terzo e talvolta anche al quarto partito

 

Uninominale a doppio turno
con accesso limitato al secondo turno

(al secondo turno, a seconda delle varianti possibili, accedono le candidature con i primi due o i primi tre risultati migliori, oppure si applica uno sbarramento; l’ordinamento in vigore oggi in Francia prevede uno sbarramento pari al 12,5% degli aventi diritto al voto, che equivale all’incirca al 20% dei votanti)

 

Consente che tutti i partiti, anche i più piccoli, misurino con precisione i loro consensi (al primo turno), stimolando però gli accordi di coalizione tra il primo e il secondo turno.
È considerato più adatto a sistemi politici non bipartitici, come quelli francese e italiano

In Italia oggi
   -> il PD preferisce questo sistema elettorale, perché esso agevola le alleanze in seno a un centrosinistra articolato in numerose forze politiche diverse
   -> il PdL avversa questo sistema, in ragione del maggiore assenteismo del proprio elettorato al secondo turno

 

Uninominale a turno unico con indicazione sulla scheda della prima e della seconda scelta

(questo sistema, ispirato all’ordinamento australiano e al disegno di legge su cui in UK si terrà un referendum nella primavera 2011, consente all’elettore di indicare anche una seconda opzione, che verrà conteggiata se nessun candidato raggiunge la maggioranza assoluta delle prime scelte espresse)

 

Questo sistema produce effetti molto simili a quelli dell’uninominale a doppio turno, consentendo che anche il voto dato al candidato di un partito minore possa accompagnarsi a una seconda scelta “utile” al partito maggiore.

Esso però non ha i costi del doppio turno e in particolare quello del possibile assenteismo

Su questo sistema pertanto non è irrealistico pensare a una convergenza tra PdL e PD

 

 

 

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