IL PORCELLUM OGGI IN VIGORE FU VOLUTO DA BERLUSCONI PER “AVVELENARE I POZZI”, IN PREVISIONE DELLA VITTORIA DEL CENTROSINISTRA ALLE ELEZIONI DEL 2006, MA I POZZI SONO RIMASTI AVVELENATI E RISCHIA DI SOFFRIRNE CHIUNQUE VINCA LE PROSSIME ELEZIONI, SE NON LE VINCERA’ CON UN FORTE SCARTO RISPETTO ALLA MINORANZA – PERCIO’ E’ NECESSARIO UN IMPEGNO BI-PARTISAN PER UNA NUJOVA LEGGE BEN FATTA
Articolo di Edoardo Petti, pubblicato sul Riformista, 13 agosto 2010 – V. in proposito anche il mio editoriale per la Newsletter n. 115, il Manifesto per l’Uninominale (con le indicazioni per l’adesione) e il disegno di legge n. 2312/2010 (primo firmatario Ceccanti), che propone il modello di uninominale australiano, con possibilità per l’elettore di indicare la propria prima e seconda scelta
Nel 1986 Marco Pannella lanciò la Lega per l’uninominale secca: iniziativa che in pochi anni aggregò un ampio schieramento per la riforma “anglosassone” delle istituzioni, culminando nella storica vittoria del referendum elettorale del 1993. Sembra passato un secolo: dopo l’approvazione del Porcellum, l’uninominale sembrava scomparso dal dibattito pubblico, stretto nella morsa tra sostenitori della legge Calderoli, fautori del sistema tedesco, nostalgici delle preferenze. Alla fine di luglio un gruppo di parlamentari ha deciso di riprovarci. E così alcuni esponenti del Pd, come Pietro Ichino, Enrico Morando, Stefano Ceccanti, Giorgio Tonini, assieme ai Radicali, da sempre alfieri della riforma “americana”, hanno creato un Comitato per l’Uninominale,, aperto a tutti gli schieramenti, che propone tra le altre opzioni praticabili il modello di uninominale “australiano”!, con possibilità per l’elettore di indicare la propria prima e seconda scelta. L’iniziativa è destinata a scardinare equilibri e rimescolare le carte. Specie considerando che il modello a cui pensano i sostenitori del “governo di transizione” sembra essere quello tedesco.
Una situazione che non spaventa gli uninominalisti, decisi a dare battaglia contro “ogni restaurazione neo-proporzionalistica”, come sottolinea Ichino, il quale evidenzia i “cardini irrinunciabili” della proposta: scelta diretta e personale del singolo parlamentare e del Governo da parte dei cittadini, alternanza di coalizioni concorrenti alla guida del Paese. Obiettivi possibili attraverso piccoli collegi con un solo eletto, in un meccanismo rigorosamente maggioritario. “Uno strumento essenziale – spiega il giuslavorista – per moralizzare la vita pubblica, rendere il voto meno ideologico e basato sulla qualità del candidato, in alternativa alle liste bloccate e al gioco perverso delle preferenze, che generano costi elettorali altissimi e si prestano a brogli troppo facili”. L’iniziativa è appena all’inizio: per ora ha raccolto il sostegno di poco più di trenta deputati e senatori di entrambi gli schieramenti, e sembra fare breccia anche nel Pdl, se è vero che una decina di parlamentari, oltre ai finiani Baldassarri e Germontani, hanno aderito con convinzione. Per Ichino è il segno che la causa dell’uninominale sia nell’interesse della stessa maggioranza: “Il Porcellum venne varato per rendere la vita difficile al centrosinistra, probabile vincitore delle elezioni del 2006, determinando una grave incoerenza degli effetti dei premi di maggioranza alla Camera e al Senato. Questo risultato di avvelenamento dei pozzi può ripetersi anche a danno del centrodestra”.
Quanto ai riflessi dell’iniziativa nel Pd, il giuslavorista ricorda che “Bersani ha esplicitamente riaffermato, nella riunione del gruppo al Senato, l’opzione del partito a favore dell’uninominale a doppio turno, pur evidenziando la necessità di essere flessibili per allargare il consenso sulla nuova legge”. Flessibili fino a che punto? “L’uninominale si presta a diverse varianti, che devono comunque conservare il collegio uninominale come elemento caratterizzante”, sostiene Ichino. In poche parole, nessun compromesso sul modello tedesco. Tesi ribadita con convinzione da Ceccanti, secondo il quale “in una prospettiva proporzionalistica, quella che vogliono D’Alema e Casini, il Pd, così come il Pdl, non ha alcun senso”.
Scettico sulla riapertura del dibattito sul sistema di voto è il costituzionalista Augusto Barbera, protagonista della prima battaglia per la riforma uninominale, che parla di “iniziativa eccellente, capace di mantenere un orizzonte maggioritario eliminando il premio di maggioranza, e di dire no alle liste bloccate così come alle preferenze”. Lo studioso rileva però come quell’ipotesi sia praticabile solo con un governo di transizione, per il quale “è già pronta la formula tedesca approntata dall’asse D’Alema-Casini”. Ecco il valore dell’iniziativa, secondo Barbera: un gruppo trasversale di persone disposto a sparigliare le carte, rifiutando allo stesso tempo l’attuale normativa e il ritorno al proporzionale.
Il politologo Angelo Panebianco, da sempre sostenitore del collegio uninominale, è invece pessimista sulle chances della campagna, poiché “l’agenda politica sembra orientata quasi meccanicamente verso un proporzionale più o meno puro”. Per il costituzionalista Giorgio Rebuffa “la proposta ha il merito di “portare chiarezza in una situazione magmatica che Berlusconi e parte del Pd hanno favorito, realizzando o assecondando la legge Calderoli”. Evidenziando come il collegio uninominale “avrebbe l’effetto di responsabilizzare la classe politica e restituire al Parlamento la sua centralità rispetto ai gruppi di potere locali”, Rebuffa individua “forti interessi a perpetuare un Parlamento di nominati, soprattutto da parte di un Pdl che nella sua matrice originaria era convintamene a favore del modello anglosassone”.