LA RIFORMA ELETTORALE DEVE PORTARE A UN SISTEMA CHE DURI NEL TEMPO E NON CORRISPONDA AGLI INTERESSI CONTINGENTI DI UNO SCHIERAMENTO O DI UN ALTRO, CHE CONSENTA LA SCELTA DIRETTA DEL PARLAMENTARE DA PARTE DELL’ELETTORE E LA RIDUZIONE DEI COSTI DELLE CAMPAGNE ELETTORALI – SU QUESTO TERRENO PUO’ DETERMINARSI UNA SVOLTA IMPORTANTE PER L’INTERO SISTEMA POLITICO E CIVILE ITALIANO
Editoriale per la Newsletter n. 115, 9 agosto 2011 – V. in argomento anche il Manifesto per l’Uninominale (ivi il link necessario per aderire) e il d.d.l. n.2312/2010 ispirato al modello del collegio uninominale all’australiana, presentato nei giorni scorsi – Seguono le indicazioni su come manifestare la propria adesione
Non è forse inutile ricordare che la legge elettorale attuale – definita “una porcata” dal suo stesso estensore, il ministro Calderoli, donde la sua denominazione corrente: porcellum – fu voluta da Silvio Berlusconi, sul finire della XIV legislatura, principalmente allo scopo di mettere il più possibile in difficoltà nella legislatura successiva il vincitore delle elezioni della primavera 2006, che si prevedeva sarebbe stato lo schieramento di centro-sinistra. L’assurdo meccanismo dei premi di maggioranza regionali, introdotto da questa legge, venne concepito in modo da determinare il massimo possibile di incoerenza nella distribuzione dei seggi alla Camera e al Senato. Fu una vera e propria operazione di “avvelenamento dei pozzi”, della quale – come tutti ricordano – soffrì gravemente fino a morirne il Governo Prodi, la cui maggioranza al Senato era di un solo voto. Rischia ora di soffrirne anche il Governo che uscirà dalle prossime elezioni, quale che ne sia il colore, se non vincerà con lo stesso distacco con cui il centrodestra ha vinto nell’aprile 2008: è il caso di dire che… chi di porcellum ferisce, di porcellum perisce.
L’altro scopo perseguito – e questo pure puntualmente conseguito – da chi volle questa legge elettorale fu di ridurre drasticamente l’autonomia degli eletti rispetto al partito di appartenenza, e così ridurre l’autonomia del potere legislativo rispetto all’esecutivo. Tende a questo la norma che consente al partito di predeterminare, con l’ordine di collocazione dei candidati nella lista, l’ordine di precedenza nell’elezione.
E’ dunque evidente l’emergenza istituzionale che impone – laddove se ne presenti la possibilità politica – di por mano a una nuova legge elettorale prima della fine di questa legislatura. Il problema è che la nuova legge può favorire o contrastare il frazionamento delle rappresentanze parlamentari, consolidare o no l’assetto bipolare del sistema politico, consentire o no la scelta diretta della coalizione di Governo da parte degli elettori, determinare costi più o meno elevati delle campagne elettorali dei singoli candidati. Dalla nuova legge dipenderà dunque la qualità del sistema politico nazionale nel futuro prossimo; e su questo tema si qualificherà l’azione del Governo di transizione cui forse verrà affidato di portarci alle elezioni nella primavera prossima, se il Governo Berlusconi cadrà prima (1).
A me sembra – e come me la pensano numerosi altri parlamentari, di opposizione e di maggioranza – che il nuovo sistema debba contrastare il frazionamento delle rappresentanze parlamentari, consolidare l’assetto bipolare del nostro sistema politico e soprattutto consentire la scelta diretta del Governo, da parte degli elettori, il loro rapporto diretto e personale con chi li rappresenta; ma anche evitare in ogni caso un ritorno al sistema del voto di preferenza, che aumenta enormemente il costo personale delle campagne elettorali e il rischio di brogli. I sistemi più adatti a questi obiettivi sono quelli che prevedono la contesa diretta per ciascun seggio da parte di un solo candidato per ciascuna parte politica, in un collegio uninominale. Il panorama internazionale ne offre versioni diverse (dall’uninominale “secco” sperimentato nei Paesi anglosassoni a quello a doppio turno sperimentato in Francia, a quello a turno unico ma con possibilità di indicazione di una prima e una seconda scelta, secondo il modello sperimentato in Australia, che mira a combinare gli aspetti positivi del sistema a turno unico con quelli del sistema a doppio turno); e se ne possono ipotizzare diverse possibili “ibridazioni” con altri sistemi elettorali (come per esempio il c.d. mattarellum, sperimentato in Italia prima della riforma berlusconiana del 2005); ma se gli obiettivi sono quelli sopra indicati, l’elemento caratterizzante del sistema deve essere il collegio uninominale.
Per questo sto lavorando con Emma Bonino, Enrico Morando, Stefano Ceccanti e alcuni altri senatori alla costituzione di un gruppo bi-partisan di parlamentari impegnati, nella delicata fase politica che si aprirà subito dopo la vacanza d’agosto, a battersi con questo obiettivo. E’ on line il Manifesto di questo gruppo, cui fin dal suo nascere hanno aderito diversi senatori di maggioranza e opposizione e che ha assunto la denominazione provvisoria di Associazione per l’uninominale.
(1) La fine anticipata della legislatura appare ormai molto probabile: è infatti assai improbabile che Berlusconi accetti di negoziare d’ora in poi ogni scelta legislativa rilevante con Fini, il quale alla Camera, con i 33 deputati del suo nuovo gruppo, è in grado di mandare il Governo in minoranza in qualsiasi momento. D’altra parte, le elezioni non si possono fare in autunno, sia perché la legge vigente prevede che esse si celebrino in primavera, sia perché lo scioglimento delle Camere a settembre causerebbe l’impossibilità di approvazione del bilancio entro la fine dell’anno e comunque genererebbe una situazione assai pericolosa per il debito italiano nei mercati finanziari, con rischio di perdite ingentissime per l’aumento degli interessi conseguente al declassamento del debito stesso da parte delle agenzie di rating.
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