UNA NUOVA POLITICA DELLA CITTADINANZA EVITERA’ LA XENOFOBIA

OCCORRE SUPERARE L’ALTERNATIVA SECCA TRA “CITTADINI” E “STRANIERI”, CONSENTENDO UNA PARIFICAZIONE PROGRESSIVA DELLO STATUS DEGLI IMMIGRATI RISPETTO A QUELLO DI CITTADINANZA PIENA – UNA NUOVA POLITICA DELLA CITTADINANZA PUO’ FARE MOLTO PER FACILITARE IL PROCESSO DI INTEGRAZIONE

Articolo di Maurizio Ferrera pubblicato sul Corriere della Sera del 2 agosto 2010

     A seguito di una serie di scontri fra immigrati e polizia, Sarkozy ha annunciato qualche giorno fa una revisione in senso restrittivo, delle norme che consentono di acquisire la nazionalità francese. Secondo il Presidente agli stranieri naturalizzati che attentano alla vita di un funzionario delle forze dell`ordine andrebbe addirittura revocata la cittadinanza.
     Quest`ultima dichiarazione ha suscitato un coro di proteste, anche nei commenti italiani. Occorre però considerare che la legge francese (come quella inglese) già contempla in certi casi la facoltà di revoca. Solo che tale facoltà non è di fatto mai esercitata. Nell`ultimo decennio la Francia si è anzi distinta per un approccio soft in tema di cittadinanza: più di un milione di nuove naturalizzazioni, quasi come la Germania, dieci volte più dell`Italia:
     La questione della revoca è ovviamente molto delicata, sul piano etico-politico prima ancora che su quello giuridico. Essa deve essere tuttavia valutata all`interno di una cornice più ampia, capace di identificare le linee generali di una seria «politica della cittadinanza», adeguata al. nuovo contesto europeo.
     Tradizionalmente la naturalizzazione degli «stranieri» è stata collegata al cosiddetto ius sanguinis (presenza di genitori o antenati già «nazionali»: caso tipico la Germania) oppure allo ius sòli.(nascita nel territorio nazionale: caso tipico gli Stati Uniti). Sulla scia degli imponenti flussi migratori degli ultimi due decenni, questi criteri non tengono più. Che senso ha concedere la cittadinanza per «legami di sangue» a chi è nato e risiede all`estero e non ha magari nessun rapporto con la madre-patria? E perché negare la nazionalità (o farla sospirare per un tempo quasi infinito) a uno straniero che non è nato in loco ma si è beneintegrato nel Paese di immigrazione? Una seria politica della cittadinanza va oggi imperniata su nuovi criteri: essenzialmente la residenza (ius domicilii), accompagnata da una serie di «filtri» che attestino la disponibilità e la misura dell`integrazione (frequenza scolastica, lavoro regolare, conoscenza della lingua e così via).
     La naturalizzazione non deve essere più vista come un passaggio «puntuale», un salto di status irreversibile disciplinato da criteri molto generali e automatici. Va piuttosto vista come un processo graduale, accompagnato da incentivi premiali e corsie preferenziali, soprattutto per i minori.
     Una seconda linea guida riguarda la stessa definizione di cittadinanza. Anche qui sembra opportuno superare la giustapposizione secca cittadino/straniero e prevedere forme intermedie di «quasi-cittadinanza». I diritti conferiti da queste forme potrebbero essere raccordati con i diritti del Paese di origine (soprattutto in campo previdenziale e sanitario), promuovendo così anche forme di «migrazione pendolare» (pensiamo a un medico indiano che voglia lavorare sei mesi l`anno in un ospedale europeo). I Paesi del Commonwealth hanno coniato il termine denizenship per le forme di quasi-cittadinanza. L`istituto della cittadinanza Ue può già essere considerato una forma di denizenship: si tratta infatti di uno status che conferisce ai nazionali di ciascun Paese membro alcuni diritti che possono essere esercitati entro tutto il territorio dell`Unione. Per ora la cittadinanza Ue è di «secondo ordine» rispetto a quella nazionale. Ma nulla impedisce (soprattutto dopo il Trattato di Lisbona) di utilizzarla come status alternativo o preparatorio alla cittadinanza nazionale per gli immigrati extra-comunitari che soddisfano certi requisiti.
     All`interno di una cornice così articolata, anche la questione della revoca per chi commet te reati, menzionata da Sarkozy, troverebbe una collocazione meno drammatica sul piano simbolico e più efficace sul piano pratico. La «buona condotta» potrebbe diventare uno dei più elementari filtri selettivi, rimanendo eventualmente operativo anche per un certo lasso di tempo dopo la piena naturalizzazione di uno straniero.
     L`immigrazione è oggi uno dei temi politicamente più scottanti. Secondo i sondaggi in molti Paesi la maggioranza degli elettori si dichiara preoccupata e insicura. Nelle ultime elezioni europee i partiti xenofobi hanno ovunque guadagnato voti. C`è il rischio di una vera e propria spirale di polarizzazione ideologica, non solo da parte dei nazionali, ma anche da parte degli «stranieri» (come sta già avvenendo in Francia). Sappiamo che le economie e i welfare states europei non possono più fare a meno degli immigrati. E sappiamo anche che accanto a noi vivono tantissimi stranieri «regolari» (con un numero crescente di figli) che si sono perfettamente inseriti nella nostra società.
     L`integrazione è non solo possibile ma anche vantaggiosa per tutti. Una nuova politica della cittadinanza può far molto per facilitare ulteriormente questo processo e contenere i rischi di pericolose radicalizzazioni.

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