E ADESSO, POVER’UOMO?

LA LEGISLATURA SI ERA APERTA CON UNA FIDUCIA CRESCENTE DEGLI ITALIANI NEI SUOI ANNUNCI DI CAMBIAMENTO: UN CONSENSO CHE, PER DUE ANNI, CON IL SOLO SUO CRESCERE HA DATO MOTIVO DI FIDUCIA AGLI INCERTI – MA ORA LA “BOLLA” DEL CONSENSO E’ SCOPPIATA IN MANO AL GRANDE ANNUNCIATORE E CI SI ACCORGE CHE IN DUE ANNI IL SUO GOVERNO NON HA REALIZZATO QUASI NULLA DI QUEL CHE AVEVA PROMESSO

Editoriale per la Newsletter n. 114 – 2 agosto 2010

     Era partito in modo folgorante, a inizio legislatura, con una fiducia crescente dell’opinione pubblica nei suoi annunci di cambiamento, amplificati e rilanciati dalle sue molte televisioni. Un consenso che faceva notizia per il suo crescere, e con il solo suo crescere dava motivo di fiducia agli incerti. Un crescere, dunque, molto simile al gonfiarsi delle “bolle” studiate dagli esperti di borsa e di finanza. Ma sotto quegli annunci di cambiamento c’era un’elaborazione politica scarsa e un difetto grave di senso dello Stato, di cultura delle regole. La fiducia politica capace di durare, invece, non può che fondarsi proprio su quella cultura, ovvero sull’attesa – condivisa da tutti – che tutti rispetteranno le regole. La buona politica non può prescinderne.
     Cambiare una società complessa richiede anche molto studio, sperimentazione, idee non estemporanee, ma affinate e temprate nel dibattito, in sede teorica e nel vivo del Paese: tutte cose che il nostro premier e i suoi seguaci più fedeli non hanno mai né amato né praticato. Così, quando la bolla è scoppiata, tutti si sono accorti che sotto il fumo degli annunci c’era ben poco arrosto. Si sono accorti che in due anni di legislatura le sole due cose importanti fatte dal Governo – la legge-delega sul federalismo e la legge Brunetta sulle amministrazioni pubbliche – sono state d’un tratto azzerate, contraddette nel loro significato essenziale dall’ultima “manovra” di Tremonti. Nel campo specifico cui questo sito è dedicato, quello del lavoro, il bilancio del biennio è zero (v. sul punto il secondo editoriale di oggi). Sono rimasti i rottami di qualche legge ad personam, sulla quale il Parlamento è rimasto bloccato per mesi e mesi senza costrutto.
     Ora lui ha fretta di porre fine a questa ingloriosa vicenda dando ad altri la colpa del nulla di fatto: “sono stato tradito, mi hanno impedito di lavorare!”. Ma – senza toglier nulla al merito e al coraggio di coloro che gli hanno rifiutato obbedienza all’interno della sua compagine politica – il fatto è che la crisi in cui oggi egli è coinvolto affonda le radici nel dna della sua stessa politica. E ora gli sarà molto più difficile far nascere un’altra bolla di consenso da quella stessa politica, con la tecnica dell’annuncio.
     Ora il solo annuncio che viene diffusamente percepito è quello degli speculatori della finanza internazionale – i grandi creatori di “bolle”, al rialzo o al ribasso – pronti ad azzannare ai garretti un Paese stordito dal collasso improvviso della maggioranza politica più forte della storia del suo Parlamento repubblicano. Forse – ironia della sorte – sarà proprio quest’altro annuncio a imporre al grande annunciatore di passare la mano senza la possibilità di chiedere una nuova investitura elettorale. Chi di annuncio ferisce, di annuncio perisce.
     Il “partito del capo”, da lui fondato per intuizione subitanea su di un predellino, il partito nel quale si obbedisce senza discutere, alla prima difficoltà si è spaccato. Dall’altra parte c’è un partito che invece è nato al termine di una gestazione durata anni, nel quale si discute e ci si divide su tutto, un partito al quale da tempo manca proprio un capo carismatico. Vuoi vedere che, alla prova dei fatti, sarà proprio quest’ultimo a mostrarsi più solido, più convinto della vocazione maggioritaria – che costituisce la sua ragion d’essere originaria – e capace di superare, unito, le difficoltà?

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