STATO E POLITICA NON INTERFERISCANO CON IL SISTEMA DI RELAZIONI INDUSTRIALI, SALVO CHE PER DETTARE IN VIA SUSSIDIARIA, DOVE NECESSARIO, LE NORME MINIME INDISPENSABILI PER IL SUO FUNZIONAMENTO: SE VOGLIONO RAFFORZARE LA POSIZIONE CONTRATTUALE DEI LAVORATORI SI OCCUPINO SEMMAI DI RIDURRE L’IMPOSTA SUI REDDITI DI LAVORO PIU’ BASSI
Quando ti chiamano per una intervista televisiva su di un tema di attualità, devi cercare di immaginarti le domande che ti faranno e prepararti, per ognuna di esse, una scheda contenente una risposta il più possibile precisa, chiara e incisiva, che stia entro i 30 o 40 secondi al massimo – Quelle che seguono sono le schede che ho utilizzato per l’intervista al TG3 Rai delle 19 del 26 luglio 2010
C’è il rischio che il contratto collettivo nazionale venga mandato in soffitta?
Il contratto collettivo nazionale oggi è utile se è una rete di sicurezza: cioè se pone le regole che devono applicarsi quando manchi un contratto aziendale che rispecchi più da vicino il piano industriale specifico dell’impresa. Se invece impedisce l’accordo tra impresa e sindacati su di un piano industriale innovativo, allora il contratto nazionale diventa un freno al progresso economico e al miglioramento dei trattamenti dei lavoratori. E in questo caso è comprensibile che le imprese più dinamiche si tengano fuori dall’area di applicazione del contratto nazionale.
Qual ruolo può svolgere il sindacato, nell’economia globalizzata, per la tutela dei lavoratori?
Il sindacato oggi deve essere l’intelligenza collettiva che guida i lavoratori nella valutazione del piano industriale innovativo; e, se la valutazione è positiva, li guida alla scommessa comune con l’imprenditore su questo piano. Ma per stipulare questa scommessa comune il sindacato in azienda deve poter contrattare tutto, a 360 gradi. E occorrono regole chiare che stabiliscano quale sindacato o coalizione sindacale e a quali condizioni può contrattare con effetti vincolanti per tutti i dipendenti dell’impresa. Se sindacato e imprenditori non riescono a darsele, è indispensabile in via sussidiaria e provvisoria un intervento legislativo.
C’è il rischio di uno scambio “lavoro contro diritti”?
A me sembra che nella vicenda Fiat di questi giorni non sia in gioco nessun diritto garantito ai lavoratori dalla legge, né tanto meno dalla Costituzione. Per il resto, la materia delle condizioni di lavoro è di competenza esclusiva dei sindacati: la politica non dovrebbe interferire. Per rafforzare la posizione contrattuale dei lavoratori, la politica dovrebbe fare la sua parte semmai riducendo drasticamente l’Irpef sui redditi di lavoro più bassi. Oggi su una busta paga di 1000 euro l’Irpef grava per 110 euro: è una enormità, se consideriamo che 1000 euro al mese in Italia oggi è una soglia di povertà.