NEL 2025 AVREMO DUE MILIONI DI ANZIANI PIU’ DI OGGI: CHI SE NE OCCUPERA’? CI SONO BUONE RAGIONI PER RITENERE CHE IL NOSTRO VECCHIO MODELLO DI WELFARE CENTRATO SULLA FAMIGLIA NON SIA IN GRADO DI REGGERE QUESTO AUMENTO: QUALE MODELLO ALTERNATIVO SI PUO’ PROPORRE PER RISPONDERE A QUESTA NUOVA DOMANDA DI ASSISTENZA? E CHI PAGHERA’ IL CONTO?
Articolo di fondo di Maurizio Ferrera, pubblicato dal Corriere della Sera il 20 luglio 2010
In Inghilterra, la patria del più antico servizio sanitario nazionale europeo, due terzi dei medici ritengono che lo stato non possa più garantire cure gratuite a tutti e che alcune categorie di pazienti dovrebbero contribuire di tasca propria. Secondo un medico su tre, agli anziani dovrebbero essere assicurate solo le prestazioni essenziali, quelle veramente capaci di migliorare qualità e prospettive di vita. Tutti gli altri trattamenti dovrebbero essere a pagamento, almeno parziale.
Queste rivelazioni, emerse da un sondaggio svolto qualche tempo fa dal Doctor Magazine, hanno suscitato un coro di indignate proteste. Come ha pubblicamente riconosciuto la stessa British Medical Association, qualsiasi ipotesi di discriminazione dei pazienti sulla base dell’età sarebbe “eticamente oltraggiosa”: un punto di vista largamente condiviso da classe medica e opinioni pubbliche in tutti i paesi europei.
I costi crescenti della sanità, in buona misura dovuti proprio all’invecchiamento della popolazione, sono però un problema reale, e costituiscono una sfida che nessun governo può oggi permettersi di ignorare. Nel 2025 in Italia avremo due milioni di anziani in più di oggi. Le statistiche dicono che i consumi sanitari di un settantenne sono circa il doppio di quelli di un quarantenne, quelli di un novantenne il triplo. Il tasso di non autosufficienza nella popolazione totale aumenterà del 53%, sollevando enormi problemi finanziari, organizzativi e sociali. Come affrontare la sfida? E chi deve pagare il conto?
Intervenendo nel dibattito suscitato dal sondaggio sui medici, l’ex premier britannico Gordon Brown aveva a suo tempo promesso una grande riforma: l’introduzione di un National Care Service per fornire assistenza socio-sanitaria a tutti gli anziani fragili, alleggerendo così i carichi della sanità pubblica. Il governo di Cameron seguirà un’altra strada: incentivi fiscali a privati e terzo settore. In altri paesi europei (Francia, Germania, Austria e Olanda) gli schemi pubblici a sostegno della non autosufficienza sono però già una realtà da molti anni. Essi rappresentano anche la soluzione di gran lunga preferita dai cittadini: più del 90% degli europei pensa che la cura degli anziani fragili sia responsabilità dello stato
Il problema è, naturalmente, il finanziamento. Brown aveva prospettato un incremento dei contributi sociali, ma anche un ulteriore aumento dell’ età pensionabile (già destinata, secondo le norme vigenti, a salire a 68 anni entro il 2046). Questa è peraltro la strada già seguita dalla Germania: in questo paese l’assicurazione contro la non auto-sufficienza è finanziata da contributi individuali, ma l’età di pensionamento salirà da 65 a 67 anni entro il 2029.
Insieme alla Germania, l’Italia è il paese europeo che registrerà nei prossimi decenni l’invecchiamento più rapido e marcato. L’opinione pubblica è preoccupata, ma anche disorientata. Nei sondaggi Eurobarometro, gli italiani sono i più impauriti dall’idea di perdere l’auto-sufficienza e di trovarsi a dipendere dagli altri. Ma sono anche i più tiepidi nei confronti di ogni riforma che comporti costi o sacrifici. Il 52% è contrario all’idea di posticipare il pensionamento, anche su base volontaria (un’ipotesi appoggiata invece da due terzi di intervistati in media UE) mentre l’eventuale introduzione di uno schema assicurativo che comporti contributi individuali incontrerebbe il favore di una maggioranza davvero risicata.
La gran parte degli italiani sembra ancora affezionata a soluzioni “familistiche”, imperniate sulle solidarietà filiali e coniugali (e soprattutto sulle badanti). E’ difficile però che questa soluzione possa reggere l’onda d’urto della demografia. Teniamo presente che in futuro vi saranno molti più anziani da assistere ma anche molti meno giovani (donne) per prendersi cura di loro, dato il calo della natalità. La buona volontà delle famiglie italiane è una risorsa da apprezzare e valorizzare. Serve però uno sforzo collettivo, anche sotto il profilo finanziario, non solo da parte dello Stato ma anche dei vari attori del cosiddetto “secondo welfare”: aziende, fondi integrativi, assicurazioni private, fondazioni, regioni ed enti locali. Senza tale sforzo il nostro paese rischia di farsi davvero sopraffare dalle dinamiche di invecchiamento. E di trovarsi di fronte a dilemmi di solidarietà inter-generazionale molto antipatici sul piano etico e difficili da gestire sul piano politico.