IL RISCHIO E’ CHE LA MANOVRA SIA – E, SOPRATTUTTO, SIA PERCEEPITA DAGLI OPERATORI COME – UNA POTATURA INDISCRIMINATA, CHE METTE IN EQUILIBRIO UN BILANCIO MA NON PREVIENE LO SQUILIBRIO DI QUELLI FUTURI, PERCHE’ NON CURA I MALI STRUTTURALI DEL SISTEMA ITALIA: QUESTO RISCHIO E’ PARTICOLARMENTE PERCEPIBILE NEL SETTORE DELLA SCUOLA
Articolo di Andrea Ichino, pubblicato sul Sole 24 Ore il 5 giugno 2010
Speculare, dal latino, vuol dire guardare lontano. Questo fanno i mercati finanziari e per questo i tagli alla spesa pubblica decisi in questi giorni dal governo vanno giudicati non tanto guardando agli ovvi costi immediati, quanto soprattutto chiedendosi se possono davvero aumentare le possibilità di crescita futura del paese. È un po’ come potare gli olivi: la potatura può apparire drastica e feroce agli inesperti, ma è quella giusta solo se da spazio ai rami più produttivi e se li rafforza convogliando su di essi la linfa migliore della pianta. Potature anche meno drastiche ma indiscriminate alleggeriscono temporaneamente i rami, ma riducono la loro capacità di dare frutti.
Le notizie sulla manovra sono ancora incerte, ma quelle che circolano fanno temere che essa finisca per essere interpretata dai mercati finanziari come una potatura indiscriminata che non premia e non da spazio alle risorse migliori del paese. Il problema non è l’entità dei tagli che avrebbe potuto essere ben maggiore. Il problema è che il governo non sembra avere il coraggio di tagliare di più dove serve e al tempo stesso convogliare risorse maggiori sui rami che potranno dare frutti.
Le scelte che meno convincono sono quelle che direttamente o indirettamente riguardano il mondo della scuola. Questo è il ramo da cui più dipende la crescita di lungo termine della nostra pianta. Qui si forma non solo il capitale umano ma anche il capitale sociale, ossia quel tessuto di senso civico, di fiducia reciproca, di disponibilità a cooperare per il bene comune che ormai concordemente sociologi, politologi ed economisti considerano come il presupposto essenziale per lo sviluppo economico di una collettività. Senza insegnanti bravi e motivati, in Italia il capitale umano e quello sociale, lungi dal crescere, continueranno invece sulla strada del declino ormai da lungo tempo imboccata. E questo non può non preoccupare i mercati finanziari.
Per arginare queste preoccupazioni, il governo dovrebbe approfittare dell’emergenza mettendo le basi di un sistema retributivo capace finalmente di premiare e motivare gli insegnanti migliori tra quelli in servizio e di attirarne di nuovi ancora più bravi. Il blocco indiscriminato delle retribuzioni è l’ennesimo schiaffo a chi si impegna nella scuola senza alcun riconoscimento e l’ennesima prosecuzione di un regalo indebito a chi continua a ricevere uno stipendio con poco merito.
È vero che gli stipendi dei dipendenti pubblici sono cresciuti mediamente di più di quelli dei privati negli ultimi anni. Ma, soprattutto nella scuola, sono cresciuti in modo uguale per tutti e quindi troppo poco per quegli insegnanti che con enorme impegno riescono ancora a far funzionare il sistema istruzione in Italia, ma troppo per gli altri che poco fanno con grave danno degli studenti che da questi ultimi devono imparare. Un danno irrimediabile soprattutto per gli studenti più poveri, perché quelli ricchi possono sopperire in molti modi alla bassa qualità dei loro insegnanti.
Il lavoro dell’insegnante richiede grande capacità, impegno e fatica per chi lo vuole fare bene, ma nella situazione attuale lo si può anche prendere come una sinecura senza gravi conseguenze. E il risultato, paradossale, è che c’è la coda per andare a fare questo lavoro, mentre nei concorsi per infermieri, al contrario, si fa fatica ad avere tanti candidati quanti sono i posti disponibili. Ma tra quelli che fanno la coda per diventare insegnanti, purtroppo, i capaci sono sempre meno e quei pochi che ancora scelgono questa professione per passione, quasi come missionari, presto perdono ogni motivazione.