“NEI TANTI ANNI PASSATI ALL’ESTERO, LEGGERE DELLE VICENDE ITALIANE ERA SPESSO DEMOTIVANTE, SOPRATTUTTO FACENDO IL CONFRONTO CON LA REALTA’ DI PAESI COME INGHILTERRA, OLANDA, GERMANIA. I SUOI ARTICOLI SUL CORRIERE ERANO UN MOTIVO DI SPERANZA”
Lettera pervenuta il 27 aprile 2010 – Segue la mia risposta
Caro Professore,
non ci conosciamo direttamente ma è da tanti anni che seguo la sua attività. Ho pensato che, nella settimana in cui la sua bella e utile newsletter raggiunge il traguardo della centesima edizione, fosse giusto mandarle finalmente un breve messaggio di ringraziamento e di stima.
Ho avuto, nel 2002, testimonianza indiretta delle sue qualità professionali e umane attraverso una studente (Barbara Lizzeri) del corso Master in relazioni industriali da lei tenuto all’università di Milano. Barbara era entusiasta di lei e le faceva una grande pubblicità all’interno del mio team, di cui era una componente formidabile (a quel tempo ero HR Director di S.I.).
In anni più recenti ho avuto spesso occasione di discutere con piacere degli articoli della sua newsletter con l’avvocato Filippo Menichino (un altro suo entusiasta “supporter”), che con grande generosità e umanità ha preso a cuore la sfida di aiutare il processo di grande cambiamento che l’azienda in cui lavoro (F.M., di cui sono HR Director) ha intrapreso.
Ma il mio grazie, anche se un po’ tardivo, è anche e soprattutto per i bellissimi e coraggiosi articoli che lei scriveva sul Corriere della Sera negli anni (tanti) in cui io vivevo all’estero. Leggere delle vicende italiane in quegli anni era spesso triste e demotivante (soprattutto se facevo il paragone con quello che vedevo accadere nei paesi in cui vivevo – Inghilterra, Olanda, Germania) ma i suoi articoli mi davano sempre un motivo di speranza perché erano testimonianza del fatto che qualche persona onesta, capace, coraggiosa e lungimirante c’era anche in Italia.
Le auguro buon lavoro. Un caro saluto,
Marco Serra
Grazie. II suo messaggio è di quelli che da soli ripagano di tutta la grande fatica di un lavoro politico e culturale avaro di gratificazioni, quale è (prevalentemente) il mio. Lo è – da decenni, ormai – perché insisto nell’impegno a seminare idee che mi sembrano giuste, pur sapendo che difficilmente nell’immediato produrranno consensi maggioritari, ma nella speranza che almeno a medio termine esse possano dare buoni frutti. D’altra parte, credo che la buona politica consista proprio in questo: nella costruzione del consenso in una prospettiva medio-lunga, che presuppone basi assai più solide di quelle richieste dal consenso effimero e volatile (quello di cui i politici sono, in genere, più propensi a preoccuparsi). (p.i.)