VELTRONI, LA FONDAZIONE “DEMOCRATICA” E UNO SCONTRO CHE NON C’E’

LA REPUBBLICA DA’ NOTIZIA IN MODO UN PO’ SCANDALISTICO DI UNA RIUNIONE A PORTE CHIUSE DEI SOCI DELLA “FONDAZIONE SCUOLA DI POLITICA” DEL PD – SI E’ DISCUSSO NON DELLA NASCITA DI UNA NUOVA CORRENTE, CHE NESSUNO PROPONE, MA DEL MODO IN CUI IL PD PUO’ PORSI NELLE CONDIZIONI MIGLIORI PER COGLIERE IL VENTO NUOVO, NON APPENA ESSO INCOMINCERA’ A SOFFIARE

Lettera a La Repubblica, 5 aprile 2010, in riferimento a un articolo pubblicato dallo stesso quotidiano il giorno precedente, intitolato: “‘No a Veltroni capo di Democratica’ – Rivolta nella Fondazione, slitta il lancio”

Caro Direttore,
sulla Repubblica del giorno di Pasqua Goffredo De Marchis attribuisce a me, oltre che ad altri due senatori del PD – Tiziano Treu e Massimo Livi Bacci – una frase che non ho mai pronunciato né pensato: “No a Veltroni capo di Democratica” (virgolettato nel titolo). L’articolo si riferisce a una riunione a porte chiuse dei soci della Fondazione Scuola di Politica, alla cui nascita ho contribuito due anni fa; nella riunione, svoltasi a Roma il 30 marzo scorso, si è discusso del progetto di trasformare questa Fondazione in un centro di studi e formazione presieduto da Walter Veltroni e più immediatamente ispirato alla sua visione strategica del ruolo del Partito democratico: “Democratica”, appunto. Di questo progetto, come parte di un progetto più ampio di rilancio dello stesso Partito secondo la sua ispirazione originaria, si parla da alcuni mesi; e fin da quando si è incominciato a parlarne ho manifestato la mia disponibilità a continuare a collaborare alla Fondazione anche in questa sua nuova e più specifica missione, perché condivido pienamente quella visione strategica (non è dunque mia neppure la frase che mi viene attribuita con il virgolettato nell’occhiello, secondo la quale la Fondazione diventerebbe così “un’arma in mano ai vecchi leader”). Nella riunione del 30 marzo ho soltanto espresso la mia richiesta che il lancio di questo progetto avvenga in modo tale da rendere ben chiaro e inequivocabile che non si tratta della nascita di una nuova corrente all’interno del Partito Democratico e che non stiamo chiedendo le dimissioni del suo Segretario, eletto soltanto cinque mesi or sono: non è certo di un ennesimo cambio di segreteria o di nuove contrapposizioni personali al vertice che il Partito democratico ha bisogno in questo momento, quanto semmai di una maggiore coesione interna e capacità di comunicazione esterna del suo ricco patrimonio programmatico, perché il partito stesso sia pronto a cogliere e assecondare il vento nuovo, non appena esso incomincerà a soffiare. Ciò che – credo – incomincerà ad accadere assai prima di quanto non si pensi.
            Pietro Ichino

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