PRIMAVERA, TEMPO DI BICICLETTA: UN NUOVO LIBRO PRESENTA 20 ITINERARI CLASSICI SUI DUE VERSANTI DELLE ALPI APUANE
La mia prefazione al libro Versilia Bike Tour, a cura di Alessandro Mei, Penna Blu Edizioni, Viareggio, 2010. L’indirizzo e-mail dell’Autore del libro è: meialessandro@libero.it.
Ho passato in Versilia gran parte del mio tempo libero dallo studio e dal lavoro, fin da quando sono nato. E i giri in bicicletta tra la piana e le Apuane sono sempre stati parte essenziale di quelle vacanze. Nella guida ciclistica di Alessandro Mei ho ritrovato il sapore delle gite più antiche, quelle che si facevano quando non c’era ancora la mountain bike, che allarga enormemente il novero degli itinerari possibili, e si pedalava soltanto sulle carrozzabili. Le gite sempreverdi, dunque; quelle sulle quali ho misurato il mio tempo, che sempreverde non è.
Quand’ero un ragazzino, negli anni ’60, le nostre salite “classiche” in bicicletta erano tre. La più breve – un’ora o poco più, andata e ritorno – era la salita al castello Aghinolfi da Montignoso con discesa per Strettoia, o viceversa. Quella di lunghezza media era la salita a Capriglia da Pietrasanta con discesa vertiginosa da Capezzano in mezzo agli ulivi. Quella più lunga e avventurosa era la salita al passo del Cipollaio, discesa al bivio di Tre Fiumi, risalita ad Arni e al passo del Vestito, discesa per lo spettacolare Pian della Fioba e Massa (Mei indica quattro ore per questo giro; non fidatevi: se non siete corridori professionisti, un paio d’ore in più ci vogliono).
La decisione di andare si prendeva sovente all’improvviso; per lo più – per le due gite più brevi – al pomeriggio, con l’idea di godere dall’alto il tramonto sul mare. Le biciclette dei maschi erano la Legnano (gialla) o la Bianchi (azzurra), con cambio a tre marce; ma se si aggregavano anche le sorelle e le amiche era normale che si andasse anche con bici senza cambio; talvolta anche bici dell’anteguerra pesantissime, con i freni a bacchetta, che venivano messe a dura prova nei frequenti tratti di strada ancora sterrata.
I piaceri maggiori della gita erano tre. Il primo era costituito dall’emozione di allontanarsi da casa senza adulti al séguito: a quindici anni, allora, non era cosa da poco. Poi c’era l’ebbrezza della velocità in discesa: all’epoca non c’erano i motorini; c’era soltanto una pista per i go-kart a Querceta, ma i genitori non davano i soldi per andarci, oppure lo proibivano esplicitamente perché troppo pericoloso; in realtà era più pericolosa la discesa in bici a cinquanta all’ora sulle strade e con le bici di allora, ovviamente senza casco. Infine c’era il piacere della bibita, con o senza panino, sulla terrazza di una trattoria al termine della salita.
Ci sono ancora, alcune di quelle trattorie; ma ora sono molto più raffinate, hanno trasformato le terrazze in verande coi vetri, e se si vuol mangiare nei giorni di punta occorre prenotare. Quella sotto il castello Aghinolfi ora si chiama “la Fortezza”; quella di Capriglia, che si chiamava “la Terrazza”, da qualche anno purtroppo è chiusa; quella sotto il passo del Vestito sul versante di Arni si chiama come allora “rifugio le Gobbie” e ha sempre un vino bianco ghiacciato squisito: non saprei dire se per la qualità del vino stesso o per la sete accumulata nella salita.
Da quando è arrivata la mountain bike e ho incominciato a preferire le sterrate e i sentieri pedalabili sulle Apuane, lontano dal traffico, ho incominciato anche a annotare di volta in volta gli itinerari vecchi e nuovi in un quadernone, intitolato “il Gitario”. E per cinque anni ho anche tenuto, con lo stesso titolo, una rubrica di percorsi in bici e a piedi tra Versilia e Garfagnana, sul mensile Versilia Oggi: ora è disponibile on line nell’Archivio annesso al mio sito web (se ne può trovare qualche pezzo anche attraverso Google, digitando Gitario Versilia, o Gitario Apuane).
Ma non è questa la sede per farmi bello delle mie imprese atleticamente più impegnative. Vorrei invece cogliere l’occasione della presentazione di questo libro per spezzare una lancia a favore di un maggiore impegno pubblico a favore delle due ruote in Versilia. E anche di un modo migliore di spendere il molto denaro pubblico destinato ogni anno alle opere stradali. Chiunque giri per le Apuane in bicicletta sa che i soldi per costruire nuove strade nei boschi, per asfaltarle o cementarne il fondo, sono molti: ogni anno trovo due o tre di queste opere nuove, sia sul versante versiliese, sia su quello garfagnino. Un po’ di asfalto in meno e di buone sterrate in più gioverebbe molto alla bicicletta, evitando l’invadenza delle auto. In questo spirito, un’opera che costerebbe relativamente poco e farebbe felici non solo migliaia di ciclisti, ma anche decine di migliaia di cultori del trekking, sarebbe una galleria non aperta al traffico automobilistico ordinario, cioè riservata ai pedoni e alle due ruote, che unisse Farnocchia a Sant’Anna di Stazzema, passando sotto la Foce di Sant’Anna, senza alterare per nulla l’ambiente, né sull’uno né sull’altro versante del Monte Lieto. In questo modo il Sacrario potrebbe essere raggiunto direttamente da Pontestazzemese, capoluogo del suo Comune, e i venticinque residenti di Sant’Anna potrebbero raggiungere in bicicletta o in motorino il proprio Municipio, senza necessità di scendere in pianura, attraversare il territorio di altri tre comuni e risalire, superando poco meno di mille metri di dislivello. Ne risulterebbe anche uno splendido anello per bicicletta di quasi 40 chilometri, tutto percorribile sui pedali, con un dislivello complessivo di circa 700 metri: Pietrasanta – Ripa – Seravezza – Pontestazzemese – Farnocchia – Sant’Anna – La Culla – Monteggiori – Pietrasanta. Sarebbe un’infrastruttura di nuova concezione, ecologicamente d’avanguardia, che valorizzerebbe notevolmente quel gioiello straordinario che è il paese di Farnocchia facendone il punto di sosta per un notevole flusso di escursionisti e ciclisti, e al tempo stesso costituirebbe un omaggio al Sacrario.
Se poi sopravanzassero altri fondi per la manutenzione e l’incremento del patrimonio stradale, ci sarebbero tante altre opere, assai poco costose, che farebbero crescere notevolmente il tasso di civiltà ciclistica della Versilia. Innanzitutto le piste ciclabili: benissimo quella che è stata aperta sul viale Italico, ma perché soltanto fino a metà strada fra Vittoria Apuana e il Forte? E perché non una pista anche nella lunga via Mazzini, che congiunge il Forte con il confine nord-ovest della provincia, per le persone anziane e in generale tutti coloro che preferiscono pedalare all’ombra, con riduzione del traffico automobilistico a senso unico? Nella stagione calda la via Mazzini potrebbe offrire ai ciclisti un’alternativa deliziosa all’assolato lungomare per gli spostamenti tra il Forte e il Cinquale; senonché la fila delle auto in sosta restringe la carreggiata utilizzabile al punto che, quando due auto si incrociano, non c’è spazio per la bicicletta. Il ciclista, quando non è costretto a fermarsi al ciglio della strada per lasciar passare l’auto che sopravviene dal dietro, si espone a essere sfiorato pericolosamente. Se invece che un’auto è un camion, il rischio è davvero alto. E poi molte auto corrono troppo: anche il limite dei cinquanta all’ora (peraltro sovente non rispettato), su di una via così stretta e intensamente frequentata dalle biciclette, è decisamente troppo elevato. Che cosa impedisce di imporre alle auto, sulla via Mazzini, il senso unico di marcia (come si è fatto dall’altra parte del Forte su viale Morin) e qualche dissuasore di velocità, riservando tre metri di carreggiata alle bici?
Uno dei tesori nascosti della Versilia, poi, è costituito dai mille possibili percorsi per viottoli immersi nel verde, nel grande rettangolo tra il Cinquale e il Lago di Porta, le prime pendici della montagna con la Torre medicea e le colline di Strettoia, la Versiliana e il mare: costerebbe pochissimo e non danneggerebbe nessuno individuare alcuni di questi percorsi e attrezzarli in modo da privilegiarne l’uso ciclistico, un po’ meglio di come avviene oggi.
Occorre incoraggiare, diffondere e proteggere l’uso della bicicletta anche da parte di tutti i comuni mortali: anziani e bambini, invalidi e no, obesi e anoressici, pigri e troppo impegnati, turisti e indigeni, singles e accoppiati, orfani e afflitti da eccesso di genitori; insomma, tutti ma proprio tutti, senza alcuna esclusione. È compresa nel numero anche mia madre ottantenne, che, non fidandosi più della bicicletta, gira con una “tricicletta” munita di ampio portapacchi sul retro, con la quale d’estate è capace di fare anche qualche chilometro con il carico della spesa. Per questi ciclisti … di serie C le amministrazioni versiliesi competenti fanno ancora davvero troppo poco. Girare in bicicletta (o tricicletta) per le vie ombrose e le stradelle di campagna fra il mare e i piedi delle Apuane è uno dei piaceri più raffinati; e la Versilia può offrirlo a chiunque; ma in troppi casi questo piacere è insidiato dall’invadenza e dalla pericolosità del traffico automobilistico, oppure è impedito dal difetto di quella cultura diffusa della bicicletta, che invece caratterizza alcune tra le città più civili d’Europa, da Copenhagen ad Amsterdam, a Ferrara, a Parma. Il mio sogno è quello di una rete di percorsi nelle viuzze e stradelle dell’entroterra, nella quale alle biciclette non sia dato accesso esclusivo (mi rendo conto dell’impossibilità di una simile soluzione), ma sia data una particolare protezione, che si tradurrebbe automaticamente anche in una protezione per i pedoni e in una riduzione dell’inquinamento acustico, a tutto vantaggio di chi ai lati del percorso risiede. Lungo tutti gli itinerari prioritariamente destinati ai ciclisti, per le automobili dovrebbe essere stabilito il senso unico e un limite di velocità di 15 chilometri all’ora (la stessa a cui vanno mediamente i ciclisti non sportivi), con istallazione di idonei dissuasori di velocità, dotati di varco centrale per le biciclette; dove possibile dovrebbe essere riservata alle due ruote una parte della carreggiata, protetta da un cordolo; appositi cartelli potrebbero segnalare la bottega del ciclaio più vicina, per le emergenze o per il noleggio del velocipede. Tutti i percorsi dovrebbero, poi, essere segnalati adeguatamente, in modo da diffonderne il più possibile la conoscenza e l’utilizzazione.
Ho avanzato questa proposta ormai sette anni fa; con qualche frutto, ma ancora davvero troppo modesto. Che la capacità di pressione politica dei ciclisti a sud delle Alpi sia ancora troppo modesta, si sa. Stupisce, però, che qui in Versilia sia così poco diffusa la percezione della grande “gioco a somma positiva” che potrebbe attivarsi, se si riservasse maggiore spazio alla bicicletta. Mentre tutte le città più civili d’Europa si attrezzano per fare spazio alle biciclette e proteggerle, i quattro comuni della Versilia, che della bicicletta potrebbero essere il paradiso, continuano a subire passivamente l’assedio delle auto e a ignorare la grande cultura delle due ruote. L’auspicio è che la pubblicazione di questa guida aiuti gli Amministratori di questa terra benedetta a mettere a fuoco i vantaggi che essa, i suoi abitanti e i suoi visitatori trarrebbero dal proteggere e privilegiare nella sua rete stradale questo mezzo geniale di locomozione.