UN TENTATIVO DI DEPOTENZIARE IL DIRITTO DEL LAVORO SENZA CAMBIARLO

LA MATERIA DEI LICENZIAMENTI DEVE ESSERE AFFRONTATA CON UNA RIFORMA ORGANICA E PREPARANDO IL TERRENO NELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA – IL COLLEGATO LAVORO ALLA FINANZIARIA, APPROVATO IN SENATO IL 5 MARZO, ASTRUSO E ZEPPO DI ERRORI TECNICI, DIFFICILMENTE TROVERA’ UN’APPLICAZIONE DIFFUSA

Intervista a cura di Nicolò Mulas, in corso di pubblicazione in Dossier, supplemento de il Giornale

 E’ d’accordo con l’affermazione del ministro Brunetta che sostiene che l’articolo 18 dà molte più garanzie ai padri che ai figli?
Di fatto è così: i giovani che si affacciano sul mercato del lavoro oggi, l’articolo 18 non lo vedono neanche di lontano.

Da qualche giorno è stata approvata la modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, ha assicurato che “il diritto sostanziale del lavoro, incluso l’art. 18 dello Statuto, non è stato minimamente toccato”. Ma cosa comporta in senso pratico questa modifica per i lavoratori?
Se si riferisce al “Collegato-Lavoro” alla Finanziaria 2010, varato dal Senato ai primi di marzo, formalmente il ministro Sacconi ha ragione: l’articolo 18 dello Statuto non è stato toccato. Però l’intendimento del Governo era di depotenziarlo indirettamente. Obiettivo mancato per errore di impostazione politica e tecnica.

Andiamo per ordine. Quali avrebbero dovuto essere secondo lei le norme mirate a depotenziare l’articolo 18?

L’articolo 30, volto a limitare la discrezionalità del giudice nel controllo sul motivo del licenziamento. E l’articolo 31, volto a consentire che le controversie in materia di licenziamenti venissero risolte con l’arbitrato invece che in sede giudiziale.

 

Dov’è l’errore politico?

Nell’aver voluto ancora una volta imporre un intervento legislativo senza costruire il necessario consenso nel sistema delle relazioni industriali, senza preparare il terreno in sede di contrattazione collettiva. E infatti appena varata la legge si è verificato il rigetto: le parti sociali hanno subito , concordemente, intimato l’alt, escludendo l’arbitrato nella materia dei licenziamenti. Del resto, è impensabile che la materia dei licenziamenti possa essere affrontata senza una riforma organica, che consenta di dare sicurezza ai lavoratori nel mercato, con misure moderne di sostegno per chi perde il lavoro.

 

Lei parla anche di errori tecnici, in questa parte della legge. A che cosa si riferisce?

L’articolo 30, che nelle intenzioni del Governo avrebbe dovuto limitare la discrezionalità del giudice, invece la allarga enormemente, attribuendogli niente meno che il ruolo di interprete dell’“interesse oggettivo dell’organizzazione aziendale”. L’articolo 31, poi, contiene una disciplina dell’arbitrato complicatissima – una quarantina di commi e sotto-commi! – disseminata di trappole procedurali, difficilmente leggibile anche per i giuristi più esperti: figuriamoci per imprenditori e lavoratori. È facile prevedere che una normativa così astrusa avrà una diffusione effettiva pressoché nulla.

 

Molte sono le forme di contratto di lavoro possibili e tutte svolgono una loro funzione nel panorama economico-sociale. Spesso però si abusa di molte di esse. Quali misure dovrebbe adottare il Governo per impedire un uso indiscriminato di certe forme contrattuali?

In un mercato del lavoro moderno è necessaria una certa varietà di forme di rapporto di lavoro. Sarebbe sbagliato imporre la camicia di Nesso di una forma contrattuale unica. Quello che conta è che sia garantito a tutti uno zoccolo di protezioni fondamentali: sul piano previdenziale, della sicurezza e igiene, della tutela antidiscriminatoria. E poi: nessuno inamovibile, ma a tutti un robusto sostegno nel mercato, nel caso di perdita del posto.

La ratio dei due disegni di legge che lei ha proposto l’anno scorso per la riforma del diritto del lavoro è questa: fornire a tutti un contratto a tempo indeterminato, più flessibile ma con maggiore sicurezza nel caso di perdita del posto. E’ così?

Sì. Lo scopo principale dei due disegni di legge che ho presentato al Senato con altri 55 senatori (n. 1872 e 1873) è la semplificazione della normativa: proponiamo un codice del lavoro che, con 70 articoli, sostituisce centinaia di leggi oggi disordinatamente in vigore. Quanto al modello di protezione del lavoro, proponiamo quello della migliore flexsecurity europea, che concilia il massimo possibile di flessibilità per le strutture produttive con il massimo possibile di sicurezza per i lavoratori.

 

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