RISCHIANO DI ESSERE PENALIZZATI ANCORA UNA VOLTA I PIU’ DEBOLI, I DIPENDENTI DELLE PICCOLE IMPRESE NEI SETTORI NON COPERTI DAL CONTRATTO COLLETTIVO – PER LO SVILUPPO CORRETTO DELL’ARBITRATO OCCORREVA LEGITTIMARLO COME “VOCE DEL SISTEMA DI RELAZIONI INDUSTRIALI” NELLE MATERIE REGOLATE SOLTANTO DAL CONTRATTO COLLETTIVO
Intervista a cura di Luca Fornovo, pubblicata su la Stampa del 5 marzo 2010
«Questa è una legge-minestrone, caotica al punto da essere indigeribile per i giuristi e per gli operatori; non ha l’effetto di riformare il nostro diritto del lavoro, come occorrerebbe fare, ma solo di allentarne i bulloni». Il professore Pietro Ichino, giuslavorista, docente ordinario di Diritto del lavoro nell’Università statale di Milano e senatore del Pd è critico sulle nuove regole del lavoro varate dal governo e approvate mercoledì in Parlamento.
Perché secondo lei l’arbitrato contrattato a livello individuale, come prevede la nuova norma, è una scelta sbagliata?
«Perché ancora una volta saranno penalizzati i più deboli, cioè i dipendenti di piccole imprese o chi lavora in aree non coperte dal contratto collettivo. L’arbitrato sarebbe invece uno strumento molto utile se venisse utilizzato nell’ambito dei contratti collettivi».
A che cosa potrebbe servire?
«Oggi, in Italia, il 43% delle controversie riguarda questioni retributive, a cui se ne aggiunge un 18% in materia di inquadramento. Quindi, più della metà delle controversie giudiziali avrebbe potuto essere eliminata e passata alla competenza arbitrale».
Pensa che questa riforma finirà col separare i lavoratori protetti dai poco o per nulla garantiti?
«In tutti gli interstizi del tessuto produttivo nei quali si fabbrica un contratto collettivo che ponga i necessari paletti, l’imprenditore spregiudicato potrà imporre al lavoratore la soluzione arbitrale delle controversie con un arbitro “addomesticato”. La riforma apre poi un problema grave nel settore pubblico».
E cioè?
«L’estensione a questo settore dell’arbitrato consente di aggirare tutte le norme che disciplinano l’assunzione in ruolo e le promozioni: si spalanca la porta alle peggiori malversazioni».