LA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO? E’ URGENTE PROPRIO NELLA CRISI

RISCRIVERE IL DIRITTO DEL LAVORO PER LE NUOVE GENERAZIONI, ISPIRANDOSI AI MODELLI DELLA MIGLIORE FLEXSECURITY EUROPEA  

Intervista a cura di Luciano Tirinnanzi, destinata a Il Welfare dell’Italia – rivista bimestrale di Federsanità-ANCI

Brunetta vuole un welfare più orientato alle nuove generazioni. Lei dice “lavoro di serie A per tutti”. Cosa può fare concretamente il governo per rendere realistico questo obiettivo?

Occorre riscrivere il diritto del lavoro per le nuove generazioni, quello destinato ad applicarsi ai rapporti che si costituiranno d’ora in poi: tutti a tempo indeterminato e tutti protetti contro le discriminazioni, ma nessuno inamovibile. E a tutti coloro che perdono il posto un robusto sostegno nel mercato del lavoro, in termini di continuità del reddito e di assistenza nella ricerca della nuova occupazione e nella riqualificazione professionale mirata alla nuova occupazione. Ho provato a scrivere questo nuovo diritto del lavoro nel disegno di legge n. 1873/2009, che si può leggere nel mio sito: www.pietroichino.it.

 

E come giudica il lavoro del ministro Brunetta?

Nella sua riforma delle amministrazioni pubbliche (legge n. 15/2009, decreto legislativo n. 150/2009) Brunetta ha avuto il merito di recepire i tre principi fondamentali: trasparenza totale, valutazione indipendente e benchmarking. Ora si tratta di applicarli seriamente; e non è una sfida da poco. Sul terreno della riforma del mercato del lavoro – che peraltro è di competenza del ministro Sacconi – non mi sembra invece che Brunetta abbia le idee molto chiare: qualche mese fa disse che il nostro è “il miglior mercato del lavoro del mondo”, ora dice che andrebbe riformato radicalmente. Ma non dice, in concreto, come andrebbe riformato.

 

Dove risiede l’errore compiuto dalla politica in tema di mercato del lavoro?

Vedo un grave errore nell’immobilismo, nel non avere il coraggio e le idee chiare necessarie per quella riforma del diritto del lavoro e del welfare di cui parlavamo prima. Mi sembra che il ministro Sacconi sbagli quando sostiene che in tempi di crisi economica non si possono fare queste riforme: è proprio in tempi di crisi che le si possono e le si devono fare.

 

Lei crede nella definizione di Padoa-Schioppa dei giovani italiani di oggi come “bamboccioni”?

Padoa Schioppa non ha inteso qualificare in questo modo un’intera generazione, ma soltanto denunciare un fenomeno, che si verifica realmente: il ritardo che mediamente caratterizza l’ingresso dei giovani italiani nel mercato del lavoro e la loro autonomizzazione dalla famiglia. Naturalmente, come tutti i dati statistici, anche questo è il risultato di una media. E comunque questo ritardo è effetto soprattutto di difetti strutturali del nostro mercato del lavoro, che per molti aspetti è chiuso alle nuove generazioni.

 

Per il diritto del lavoro non esiste più uno standard: in un suo recente articolo sul Corriere della Sera lei ha scritto “chi vuole lo applica, chi non vuole no”. Quando è cominciato questo vulnus per il mondo del lavoro?

Il fenomeno della “fuga dal diritto del lavoro” era già ben percepibile alla fine degli anni ’80, con la crescita delle “collaborazioni autonome continuative” (co.co.co.). Dunque, a innescarlo non è stata la legge Treu del 1997, né tanto meno la legge Biagi del 2003. È il risultato di una progressiva divaricazione tra il modello di organizzazione del lavoro dominante a cui faceva riferimento lo Statuto dei lavoratori del 1970, quello taylorista, della fabbrica fordista, e le nuove forme che il lavoro andava assumendo nel tessuto produttivo reale, con l’avvento dell’automazione, dei computer, della telematica, di Internet. Quando lo Statuto dei lavoratori venne varato, non c’erano neanche le fotocopiatrici e il fax.

 

Se il “posto fisso” è ormai una chimera, quale modello alternativo di stabilità è auspicabile per le nuove generazioni?

Quello che ho indicato prima, ispirato al modello della migliore flexsecurity europea, capace di coniugare il massimo possibile di flessibilità delle strutture produttive con il massimo di sicurezza per i lavoratori nel mercato del lavoro. La sicurezza non può più essere data dall’ingessatura dei rapporti, ma deve essere data dal sostegno del reddito e dall’investimento sulla professionalità del lavoratore nel momento in cui egli deve affrontare il passaggio da un’occupazione a un’altra.

 

Partita Iva, lavoro a progetto, stage. Quale di questi tipi contrattuali va bocciato e perché?

Nessuno di questi tipi legali di rapporto di lavoro può essere “bocciato”: ciascuno di essi svolge una funzione economico-sociale importante. Il problema è impedire che essi vengano utilizzati abusivamente in sostituzione di un rapporto di lavoro normale: ed è appunto il problema alla soluzione del quale è in parte dedicato il mio disegno di legge n. 1873/2009.

 

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