QUANTO COSTA NON RIFORMARE IL MERCATO DEL LAVORO

I GIOVANI D’OGGI RISCHIANO DI AVERE AMARE SORPRESE QUANDO ARRIVERANNO ALLA PENSIONE. AL GOVERNO RIMANGONO DUE OPZIONI: ATTIVARSI PERCHE’ CI SIANO PROSPETTIVE MIGLIORI, O, SE NON ALTRO, RENDERE NOTE LE PROIEZIONI SULL’AMMONTARE DELLE PENSIONI DEL FUTURO

Articolo di Tito Boeri, pubblicato su lavoce.info il 12 gennaio 2010

Le mancate riforme del percorso di ingresso nel mercato del lavoro possono costare ai giovani fino al 30% della loro pensione futura. Secondo il presidente del Consiglio, il 2010 sarà l’anno delle riforme. Bene che cominci subito a varare quella del percorso di ingresso nel mercato del lavoro, il modo migliore per difendere le pensioni dei giovani. E se non ha il coraggio di farlo, almeno li informi su quanto varrà la loro pensione fra 40 anni.
Nel 2009 la spesa pensionistica sul prodotto interno lordo è aumentata di quasi un punto percentuale e nel 2010 sembra destinata a crescere ancora. Avviene ogniqualvolta il prodotto interno lordo cresce meno del 2 per cento all’anno, cioè quasi sempre in Italia.

UN CONFLITTO GENERAZIONALE SEMPRE PIÙ ACUTO
A fine gennaio potranno andare in pensione i lavoratori la cui finestra per la pensione di anzianità originariamente prevista per il luglio 2009 è stata spostata in avanti dalla mini-riforma avviata sotto il secondo governo Prodi. Mentre da inizio gennaio sono entrati in vigore i nuovi coefficienti di trasformazione per il calcolo delle pensioni ottenute con il sistema contributivo (o per la quota contributiva nell’ambito del cosiddetto sistema “misto”, che combina quote di entrambi i regimi). È un cambiamento che non ha alcun effetto su chi andrà in pensione nel 2010-11 e che ne avrà di modestissimi per tanti anni, dato che il grosso delle pensioni verrà comunque calcolato per queste generazioni con il sistema retributivo. Il vero e forte effetto ci sarà per chi andrà in pensione dal 2032 in poi. Paradossalmente, le pensioni diventano sempre più generose, in rapporto alla capacità del paese di generare reddito, proprio quando se ne annunciano di molto più magre per le generazioni che stanno oggi pagando le quiescenze ai pensionati e che andranno in pensione molto più tardi di chi li ha preceduti.

IL COSTO DELLE MANCATE RIFORME DEL MERCATO DEL LAVORO
Eppure sarebbe un errore reagire a questo paradosso bloccando la riforma dei coefficienti di trasformazione, come ad esempio proposto recentemente dal segretario della Cgil, Guglielmo Epifani. Bloccare l’aggiustamento dei coefficienti significa rendere anche il sistema contributivo insostenibile e non è certo con promesse da marinaio che oggi si fa il bene dei giovani. Se vogliamo pensare davvero al loro futuro pensionistico, dobbiamo occuparci subito, ora, delle condizioni in cui entrano nel mercato del lavoro. Riducendo il dualismo si possono migliorare di molto le pensioni che percepiranno in futuro senza alcun aggravio per le casse dello Stato. Perché il sistema contributivo assegna grande peso ai primi stipendi nel computo della pensione. Vediamolo con un esempio numerico.
La tabella qui sotto calcola la pensione di due giovani, utilizzando i coefficienti di trasformazione del 2010, quindi sovrastimando la pensione futura, dato che i coefficienti verranno ulteriormente abbassati da qui a quando andranno in pensione. Le simulazioni considerano diverse età di pensionamento (60 anni o 65 anni) e diverse ipotesi quanto al tasso di crescita medio della nostra economia nei prossimi decenni (1 per cento o 1,2 per cento, il tasso di crescita potenziale di cui eravamo accreditati prima della recessione), in base al quale si rivaluta il montante contributivo versato dal lavoratore. Ma soprattutto le due simulazioni prendono in esame due percorsi di entrata nel mercato del lavoro.
Il primo, quello nelle caselle rosse, è tipico di un lavoratore duale che entra a 25 anni nel mercato del lavoro con un contratto a progetto (con versamenti contributivi pari al 24,7 per cento della retribuzione) a 800 euro al mese e subisce il primo periodo di disoccupazione a 28 anni, riprende a lavorare a 29 anni, questa volta con un contratto a tempo determinato di due anni, al termine dei quali vive un nuovo periodo di disoccupazione, dopodiché riprende a lavorare con un contratto a tempo determinato, finalmente convertito, quando ha raggiunto l’età di 35 anni, dieci anni dopo l’ingresso nel mercato del lavoro, in un contratto a tempo indeterminato che resisterà fino al termine della sua carriera. Si tratta di una caratterizzazione del percorso di un lavoratore duale in linea con i passaggi effettivamente riscontrati fra contratti a tempo determinato, disoccupazione e contratti a tempo indeterminato.
La seconda simulazione, quella in azzurro, calcola la pensione di un lavoratore che inizia a lavorare sempre a 25 anni e sempre a 800 euro al mese, ma che accede fin da subito a un contratto a tempo indeterminato, sul quale vengono versati il 32,7 per cento di contributi, e che gli permette di accedere a oneri figurativi (lo Stato paga i suoi contributi e quelli del suo datore di lavoro) nel caso di periodi di disoccupazione. In entrambi i casi si è ipotizzato che la carriera lavorativa dia luogo a incrementi salariali uguali a quelli osservati negli ultimi dieci anni seguendo individui nel corso del tempo e comparando le retribuzioni di lavoratori con diverse anzianità aziendali (chiaramente a parità di altre condizioni, quali livello di istruzione e genere).
Il messaggio che emerge dalla tabella è che il dualismo del mercato del lavoro provoca un perdita di circa il 30 per cento delle pensioni future (si veda l’ultima colonna a destra della tabella che compara le pensioni al termine delle due carriere). Detto in altre parole, il continuo rinvio delle riforme del percorso di ingresso nel mercato del lavoro, ad esempio con l’introduzione di un contratto unico a tutele progressive , sta tagliando in modo consistente le pensioni dei giovani.

 clicca sulla tabella per visualizzarla meglio

Il presidente del Consiglio ha annunciato che il 2010 sarà l’anno delle riforme. Bene che vari subito la riforma del percorso di ingresso nel mercato del lavoro. Non costa nulla alle casse dello Stato e il suo rinvio significa tagliare le pensioni dei giovani.
Se la maggioranza non vuole riformare il percorso di ingresso, ci pensi almeno l’Inps a informare i giovani su cosa li attende. C’è oggi troppa poca informazione al riguardo. Eppure questa informazione è fondamentale per porre eventualmente rimedio, finché si è in tempo, a pensioni che altrimenti rischiano di essere al di sotto del minimo sociale. L’Inps dovrebbe mandare a tutti i contribuenti proiezioni sull’ammontare delle prestazioni che potrebbero ricevere a seconda di quando andranno in pensione e di come andrà l’economia, come quelle nella tabella qui sopra. Servirebbe anche a incoraggiare investimenti in previdenza integrativa e la scelta di lavorare più a lungo. Sono calcoli che l’Inps può fare in modo più accurato, avendo accesso a molte più informazioni di noi.
Come informare i giovani? Ecco la lettera che un qualsiasi contribuente svedese – in questo caso, Johanna, una figlia di due anni — riceve dagli enti previdenziali pubblici.Perché non fare la stessa cosa anche da noi? Potremmo quasi copiarla dato che la Svezia ha attuato una riforma molto simile a quella varata in Italia nel 1995.

 

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