SULLA STRAGE DI OPERAI NEL SOTTOSUOLO DI PALERMO

I maggiori fattori di rischio sono le piccole dimensioni dell’impresa e il livello tecnologico arretrato della struttura aziendale: questo spiega la maggiore frequenza degli infortuni nel tessuto produttivo italiano

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Dichiarazione al TG5 delle 20 del 7 maggio 2024 – In argomento v. anche
Infortuni sul lavoro: è possibile parlarne in modo non retorico?

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Le statistiche ci dicono che la frequenza degli infortuni sul lavoro più gravi è fortemente correlata a due fattori di rischio: le dimensioni dell’impresa datrice di lavoro: più piccola è l’impresa, più è probabile che le misure di prevenzione vengano ignorate o eluse; e il livello tecnologico del processo produttivo: più esso è arretrato, più è probabile l’infortunio.

Nel caso di Palermo entrambi questi fattori hanno evidentemente influito: un’impresa di venti soli dipendenti, operante a un livello tecnologico molto arretrato, senza sistemi di allerta precoce per i gas velenosi, senza neppure i dispositivi individuali di protezione: le maschere antigas. Non parliamo dell’uso dei robot, che già oggi in molte situazioni ma sempre più frequentemente in futuro sostituiranno l’uomo nelle operazioni pericolose come quella in cui la strage si è verificata.

Dove il processo produttivo fa spazio alla digitalizzazione e all’automazione, tutte le lavorazioni pericolose – come per esempio quelle di saldatura, di verniciatura, oppure le ispezioni in ambienti pericolosi – vengono affidate alle macchine; e gli infortuni si azzerano. Ma per questo occorrono imprese più grandi, o comunque più capaci di avvalersi delle nuove tecnologie; mentre il tessuto produttivo italiano si caratterizza per la grande prevalenza delle imprese di piccole dimensioni anche nel settore manifatturiero e della manutenzione.

Questo spiega perché, in proporzione alla forza-lavoro attiva, il lavoro in Italia è mediamente più pericoloso che negli altri grandi Paesi europei. Ma spiega anche perché dobbiamo aprirci alle nuove tecnologie e all’intelligenza artificiale, che possono fare moltissimo su questo terreno.

Non servono, invece, nuove norme: tutte le norme che occorrono ci sono, vanno solo applicate.

Anche per quel che riguarda i servizi ispettivi: il decreto n. 149/2015, uno degli otto decreti attuativi del Jobs Act, disponeva l’unificazione del servizio ispettivo del ministero del Lavoro, di quello dell’Inps e di quello dell’Inail in un unico corpo ispettivo, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, in modo da razionalizzare l’organizzazione del servizio, evitare le duplicazioni, consentire un controllo più capillare ed efficace sul rispetto delle norme di protezione del lavoro. Questa norma legislativa è rimasta del tutto inattuata: i tre corpi ispettivi sono ancora lì, separati, con dirigenze separate.

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