La stagnazione è il risultato della media tra i risultati buoni o eccellenti delle imprese migliori e quelli mediocri o nulli delle peggiori – Se vogliamo uscirne dobbiamo, per un verso, smettere di tenere in vita a tutti i costi le aziende decotte; per altro verso attrezzare e incentivare la transizione delle persone da queste alle imprese migliori
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Editoriale telegrafico pubblicato il 21 maggio 2023 sulla Gazzetta di Parma e sui quotidiani l’Adige e Alto Adige – In argomento v. anche la mia intervista pubblicata il 13 marzo scorso Povertà, salario minimo, settimana di quattro giorni, Jobs Act
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Mentre in tutti gli altri maggiori Paesi occidentali la produttività del lavoro aumenta, da un quarto di secolo in Italia essa ristagna. Governo, opposizione e sindacati discutono solo di come aumentare le retribuzioni e di quanto debba essere ridotto il prelievo fiscale e contributivo sulle buste-paga; ma un incremento stabile e significativo dei redditi da lavoro presuppone un incremento della produttività. Quali sono, dunque, le leve su cui si può agire perché questa ritorni ad aumentare come accade negli altri Paesi?
Un primo punto su cui riflettere è che, per nostra fortuna, ciò che ristagna nel nostro Paese è solo la produttività media del lavoro. Cioè la media tra i risultati buoni e talvolta eccellenti di una parte del nostro tessuto produttivo e quelli deludenti e talvolta pessimi di un’altra parte: quella, per esempio, di molte aziende pubbliche o para-pubbliche, delle quali talvolta non si capisce neppure la ragion d’essere; o quella di aziende che sono da anni in Cassa integrazione a zero ore. Mentre le imprese dove il lavoro è più produttivo (e meglio retribuito) cercano personale – in tutti i settori e in tutte le fasce professionali – facendo grande fatica a trovarlo.
Occorre dunque incentivare il passaggio delle persone dalle aziende poco o per nulla produttive a quelle dove il loro lavoro potrebbe essere valorizzato molto meglio. Certo, questo richiede che si attrezzino i necessari percorsi di formazione mirata alle centinaia di migliaia di posti offerti dalle aziende migliori, che oggi restano permanentemente scoperti per mancanza di una offerta adeguata. Richiede, inoltre, servizi efficienti di informazione e di orientamento professionale, capaci di indurre le persone ad affrontare questa transizione. Ma richiede anche che non si continui a proteggere l’esistenza delle imprese ormai decotte, o quella delle aziende inutili, tenute in vita soltanto per assicurare la continuità degli stipendi ai loro dipendenti.
Richiede, infine, che la dinamica delle retribuzioni non sia affidata tanto al contratto nazionale, quanto a una contrattazione aziendale capace di far pesare i guadagni di produttività nella busta-paga.
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