È UN BEL REBUS! – 29. CHI STABILISCE LE REGOLE DEL GIOCO?

Più che regole fisse sono convenzioni ormai radicate tra gli appassionati della materia; ma, come tutte le convenzioni, possono variare col tempo – Questa evoluzione si osserva anche nel variare, nell’ultimo mezzo secolo, dei criteri applicati dalla Settimana Enigmistica

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Ventinovesima puntata della rubrica che compare ogni due domeniche sulla 
Gazzetta di Parma, 30 aprile 2023 – Qui il link alla ventottesima puntata della rubrica, dalla quale si può risalire a ciascuna delle precedenti

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L’ultima puntata, dedicata al cosiddetto “divieto di esposizione”, si è conclusa con una domanda: chi stabilisce questi divieti e più in generale le molte regole che compongono il complesso ordinamento di questo gioco?

Nel suo pregevole Invito al rebus che è da pochi giorni online sul sito dell’Associazione Rebussistica Italiana (www.rebussisti.it) Franco Bosio risponde così: “Più che regole fisse sono convenzioni ormai radicate tra gli appassionati della materia. Come tutte le convenzioni potranno variare col tempo” (p. 15). Sta di fatto che a guardia del rispetto di queste convenzioni stanno – insieme all’Associazione testé citata, costituita nel 1981, e alla sua rivista trimestrale Leonardo – la rivista mensile Penombra, la più antica tra quelle ancora vive, la bimestrale La Sibilla, e soprattutto la Settimana Enigmistica, che pubblica circa mille rebus ogni anno, di ogni tipo e grado di difficoltà e tira settimanalmente centinaia di migliaia di copie. Dagli anni ’50, soprattutto con Piero Bartezzaghi (Zanzibar), Giancarlo Brighenti (Briga) e sua moglie Maria Ghezzi (La Brighella), di cui abbiamo parlato più volte in questa rubrica, la Settimana Enigmistica è stata al tempo stesso il punto di riferimento e il motore di una vera e propria accademia rebussistica.

Per rendersi conto, però, di quanto le “convenzioni” di cui parla Franco Bosio siano suscettibili di evoluzione, basti ricordare il rebus di Zanzibar presentato nella 18ma puntata di questa rubrica, basato sulle due parole bisenso “vendette sarde”, che oggi il sito dell’ARI indica come un caso di violazione del “divieto di equipollenza”, cioè della regola che non consente la presenza in prima lettura e soluzione di parole aventi la stessa origine etimologica e significato non nettamente divaricato (in questo caso il sostantivo “sarde”, che si trasforma in aggettivo nella soluzione: v. in proposito la 19ma lezione).

Un altro esempio di quanto l’“accademia” vada facendosi, col passare degli anni, più severa nell’applicazione di questa regola è dato dal rebus che segue di Furio Ombri (Hombre), pubblicato dalla Settimana Enigmistica nel 1986.

(5  2  7 = 5  9)

Il diagramma ci dice che la prima parola della prima lettura, avendo lo stesso numero di lettere della prima parola della soluzione, è evidentemente un bisenso. Il rebussista esperto lo trova subito, perché la chiave costituita da una persona che gira la testa all’indietro è assai frequente: “vòlto”. Il bisenso “vòlto/vólto”, come “vendette” nel rebus di Zanzibar citato sopra, è pacificamente ammesso, dal momento che nel primo significato (“rivolto all’indietro”) deriva dal latino volvere, mentre nel significato di “faccia” deriva dal latino vultus. Una violazione del cosiddetto “divieto di equipollenza” verrebbe invece oggi rilevata nella seconda parte di questo rebus: là dove, in prima lettura, compare “AB errante”, destinato a diventare “aberrante” nella soluzione. Perché qui entrambe le parole derivano dalla radice latina errare e conservano uno stretto collegamento con essa, collocandosi tuttora nella stessa area semantica. Questo è il motivo per cui, a quasi quarant’anni di distanza, questo rebus – peraltro bellissimo – farebbe storcere più di un naso non soltanto in seno all’Associazione Rebussistica ma anche in seno alla redazione della stessa Settimana Enigmistica che quasi quarant’anni fa lo ritenne corretto.

(La prossima lezione sarà pubblicata domenica 15 maggio 2023)

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