PER UNA DISCUSSIONE PRAGMATICA SULLE DISUGUAGLIANZE

Se si guarda senza pregiudizi ai dati su come avviene la creazione del valore e la sua distribuzione, ci si convince che le disuguaglianze nascono dai profitti d’impresa più che dalle rendite; e una drastica riduzione dei profitti netti non gioverebbe né alla giustizia sociale né al benessere generale della collettività

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Segnalazione telegrafica del libro di Eugenio Somaini,
L’uno percento più ricco. Perché le disuguaglianze possono essere benefiche, IBLlibri, 2022, pp. 122, € 16 – In argomento v. anche Disuguaglianza e povertà in Italia secondo l’Oxfam Report  .

Eugenio Somaini, professore di Politica economica nell’Università di Parma, è tutt’altro che un intellettuale di destra. Al contrario, se l’essere “di destra” è essenzialmente connotato da una tendenziale svalutazione del valore sociale dell’uguaglianza, i suoi studi e i suoi scritti – per la maggior parte dedicati a quest’ultimo tema – testimoniano del suo collocarsi nell’area politico-culturale che ospita al tempo stesso intellettuali di area socialista e di area liberal-democratica. È questo il motivo per cui colpisce il suo ultimo saggio, L’uno percento più ricco, nel quale egli esamina criticamente per un verso le tesi notissime di Thomas Piketty, per altro verso quelle meno note al grande pubblico di Richard Wilkinson e Kate Pickett (1), interrogandosi sul punto se davvero sia socialmente auspicabile una drastica riduzione delle disuguaglianze in una democrazia liberale. Per giungere alla conclusione secondo cui le disuguaglianze, nei sistemi liberal-democratici e di società aperta si determinano principalmente in conseguenza delle capacità inventive e creative di alcune formazioni sociali e di alcuni individui: si tratta dunque di profitti d’impresa (più che di rendite) che generano valore e benessere anche a favore di chi all’impresa non appartiene. È socialmente utile, dunque, incentivare ciascun individuo e ciascuna formazione sociale a mettere a frutto le proprie capacità inventive e produttive.

L’Autore osserva inoltre che, se è vero che questi processi determinano una rilevante concentrazione della ricchezza nelle mani di coloro che si sono affermati grazie alle proprie capacità, è anche vero tuttavia che il carattere statico delle rilevazioni statistiche tende a sopravvalutare questa concentrazione e a mettere in ombra l’avvicendamento continuo dei soggetti che beneficiano dei risultati imprenditoriali migliori. È questo il motivo per cui – avverte E.S. – misure correttive della distribuzione della ricchezza tendenti a una sorta di egualitarismo punitivo non sono auspicabili neppure dal punto di vista della giustizia sociale: esse avrebbero infatti come conseguenza un minore impegno produttivo dei soggetti più capaci, da cui deriverebbe complessivamente un pregiudizio per larga parte della popolazione, ivi compresa la sua parte più disagiata.

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(1) The Spirit Level. Why More Equal Societies Almost Always Do Better, Allen Lane, Penguin Books, 2009.

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