Ripercorrere a ritroso l’evoluzione subìta dall’immagine di uno dei rebus più fortunati e famosi consente di apprezzare l’enorme miglioramento del disegno rebussistico italiano compiutosi nell’arco di un secolo
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Ventitreesima puntata della rubrica che compare ogni due domeniche sulla Gazzetta di Parma, 5 febbraio 2022 – Qui il link alla ventiduesima puntata della rubrica, dalla quale si può risalire a ciascuna delle precedenti
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Quando, due anni fa, dovetti scegliere il titolo per la Guida al mondo del rebus per solutori (ancora) poco abili (Bompiani), seguii il suggerimento del direttore della collana cui il libro era destinato, Stefano Bartezzaghi: utilizzare la frase risolutiva di uno dei più bei rebus di tutti i tempi. Il rebus era questo:
(1’3 7 4)
Che cosa fa LO? “Si rade”; ciò che può dirsi anche con l’espressione “radesi”. Dove lo fa? Mentre pranza, “a tavola”. Dunque LO radesi a tavola = L’ora desiata vola. Uno di quei casi di metamorfosi testuale sublime, che una volta conosciuti non si possono più dimenticare.
A quel punto si trattò di cercare chi detenesse il diritto d’autore su quel rebus. In un primo tempo parve che titolare fosse la Settimana Enigmistica, la quale lo aveva pubblicato nel 1968 a firma di un rebussista molto conosciuto e apprezzato – Paolino (al secolo Paolo Ogheri) – avendone affidato l’illustrazione a La Brighella, Maria Ghezzi, la disegnatrice cui sono state dedicate ben due puntate di questa rubrica (la 15ma e la 20ma).
Senonché l’anno dopo, nel numero di agosto di un’altra rivista enigmistica, La Sibilla, il suo direttore Guido Iazzetta ricordò che lo stesso rebus era uscito sul numero 3/1945 di Enigmistica Marcantonio, a firma di Nano Puccio (Giovanni Petrucci), il quale ne aveva affidato l’illustrazione, invero assai rudimentale, a un tale Verdini.
In questa edizione del 1945 il grafema che individua il soggetto impegnato nella rasatura della barba era ridotto alla sola O, da leggersi accompagnato dall’articolo determinativo apostrofato: “L’O”: scelta, questa, non elegantissima. Sta di fatto che la paternità originale del rebus non era di Paolo Ogheri, ma di Giovanni Petrucci. E risaliva a più di vent’anni prima rispetto all’edizione del ’68 disegnata dalla Brighella.
Ma le sorprese non erano destinate a finire. Poco dopo l’articolo sulla Sibilla mi è giunta una lettera de Il Langense (al secolo Luca Patrone), uno dei più grandi rebussisti viventi, dalla quale ho appreso che la prima edizione del rebus di Petrucci non era stata quella del 1945: esso era stato pubblicato per la prima volta quattro anni prima, nel 1941, sulla rivista Penombra, la più antica rivista enigmistica italiana (che tuttora esce mensilmente). E con una immagine – disegnata dallo stesso ideatore del rebus – ancora più rudimentale di quella del ’45 dovuta al Verdini.
Non basta: qualche anno dopo quella del ’45 e prima di quella del ’68 ci fu una terza edizione dello stesso rebus, a firma Azuceno (ovvero Rolando Bulgarelli, che firmava i propri giochi anche come Il Bulgaro), sulla Nuova Enigmistica Tascabile, nel 1955: ma in questa edizione il gioco era imbruttito dal non necessario grafema A che contrassegnava la tavola. Le regole del copyrignt, evidentemente, non erano ancora penetrate nel mondo dell’enigmistica.
Quella pubblicata nel 1968, dunque, non è neppure la terza, bensì la quarta edizione di questo gioco. Il cui fascino, che sopravvive a 80 anni di distanza dalla prima, è spiegato nell’articolo sopra citato di Guido Iazzetta così:
Perchè continua a piacere nonostante il trascorrere del tempo, al punto da diventare anche il titolo di un libro? Me lo sono chiesto spesso e non trovo altra spiegazione che questa: il fascino quasi inconscio della frase finale che sembra il verso di una poesia, ma anche l’insolita e suggestiva enclisi [in questo caso: l’appoggiarsi tonico della particella pronominale “si” sulla parola “rade” – n.d.r.] nella prima parte, che fa diventare la lettura un suono dolce da ascoltare.
Per altro verso, ripercorrere a ritroso l’evoluzione dell’immagine di questo rebus fortunato è interessante anche perché consente di apprezzare l’enorme progresso compiuto nell’arco di un secolo dal disegno rebussistico italiano. Sappiamo (v. la già citata 15ma puntata di questa rubrica) che gran parte del merito di questo progresso è dovuto proprio a la Brighella e alla rivista per la quale la stessa ha ridisegnato L’ora desiata vola nel 1968; la stessa Brighella che, nell’arco di mezzo secolo, ne ha disegnati ben ventimila altri.
(www.pietroichino.it – La prossima lezione sarà pubblicata domenica 19 febbraio 2023)
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