Le parole che più frequentemente forniscono materiale testuale utile per la costruzione della soluzione dei rebus hanno una loro storia, che incomincia a essere studiata
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Ventiduesima puntata della rubrica che compare ogni due domeniche sulla Gazzetta di Parma, 22 gennaio 2022 – Qui il link alla ventunesima puntata della rubrica, dalla quale si può risalire a ciascuna delle precedenti
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Nella terza puntata di questa rubrica abbiamo fatto una rassegna di parole brevi che forniscono materiale testuale – per lo più singole sillabe o coppie di sillabe – facilmente utilizzabile per costruirne altre: per esempio “avo”, “mici”, “ali”, “tè”, “ciocco”, “emù”. Una di queste è l’aggettivo “pio/a”, che nei rebus compare con grande frequenza sostantivato, rappresentato da uomini o donne in preghiera davanti a una immagine religiosa o un altare. Nell’ultimo numero di Leonardo, la rivista dell’Associazione Rebussistica Italiana, Federico Mussano riporta come primo caso noto di utilizzazione della chiave “pie” questo gioco risalente addirittura al 1873.
Dove la soluzione è: pia N, pia N, OSI [la catena appesa al muro di fianco all’immagine sacra], VA lontano = Pian piano si va lontano. Si osservi come, un secolo e mezzo fa, non vigesse ancora il divieto di utilizzazione nella soluzione di una parola che già compare nella prima lettura.
Un’altra coppia di sillabe che ricorre con grande frequenza nei rebus è reo/a/i/e, rappresentata sempre da uno/a o due ammanettati/e, poiché nel mondo dei rebus la presunzione di innocenza non si applica. Un’altra ancora è “are”, per lo più utilizzata per ottenere la desinenza dell’infinito di verbi della prima coniugazione. Ai tempi della mia adolescenza e giovinezza questo materiale testuale era fornito dalla chiave “ara/e”, intesa come altare antico in stile classico. Negli ultimi anni – sarebbe interessante stabilire esattamente da quando – gli autori e i disegnatori hanno incominciato a preferire la chiave “ara/e” intesa nel senso del pappagallo brasiliano: il quale, se l’immagine è a colori, si riconosce per le piume stupendamente variopinte, ma se è in bianco e nero può essere riconosciuto da chi non sia un ornitologo per il tipico becco adunco.
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Quando, invece che la desinenza “are”, occorre la desinenza “ari”, si ricorre per lo più alla chiave “ari” intesa nel senso del fiore della pianta del gìchero, altrimenti noto sotto il nome di calla selvatica o pan di serpe.
Munito di queste indispensabili avvertenze, il lettore non avrà difficoltà a risolvere il rebus che segue (disegnato da Laura Neri), ambientato in un negozio di animali domestici, dove due clienti stanno acquistando altrettanti pappagalli brasiliani.
Entrambi gli acquirenti stanno porgendo alla commessa una banconota: l’azione da loro compiuta è dunque quella del “pagare”. Ma uno dei due, I, avverte che l’altro, T, ha difficoltà a parlare, perché evidentemente molto raffreddato. Dunque: “paga I are con T roco”, da cui si trae la prima parola della soluzione e buona parte della seconda. Quest’ultima si completa con la chiave individuata da RR: “Ente”. Così abbiamo trovato la soluzione: paga I are con T roco, RR ente = Pagaiare controcorrente.
(www.pietroichino.it – La prossima lezione sarà pubblicata domenica 5 febbraio 2023)
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