È violenza – e come tale la legge penale lo considera – anche il blocco stradale o quello dei cancelli aziendali attuato in funzione di una vertenza sindacale o di una manifestazione politica, anche per gli scopi più apprezzabili
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Editoriale telegrafico di Mattia Feltri pubblicato su la Stampa il 21 giugno 2022 – In argomento v. anche gli atti del giudizio in corso davanti al Tribunale di Milano sul metodo dei blocchi stradali e dei blocchi dei cancelli, adottato sistematicamente da alcuni sindacati di base
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Da qualche giorno gli ambientalisti – per la precisione cinque o sei ragazzi fortemente preoccupati dai cambiamenti climatici – hanno preso la consuetudine di bloccare il Grande Raccordo Anulare di Roma per sensibilizzare il popolo sul futuro del pianeta. Lo hanno fatto la scorsa settimana e di nuovo ieri. Sarò io , con l’animo ormai arido come un fiume in quest’estate, ma le scene mi paiono comiche anziché drammatiche. Già sventolare davanti agli automobilisti uno striscione in cui si invoca lo stop all’estrazione di gase petrolio in un Paese che non ne estrae, e per la sua dipendenza dalla Russia paga la benzina quanto il barolo, non mi sembra la più brillante delle idee. Né mi sembra una trovata geniale conquistare le simpatie dei pendolari del GRA, spesso paralizzato per il traffico, paralizzandolo per un’idea, sebbene nobile. E infatti di simpatie ne conquistano poche. Ieri un motociclista si è messo di impegno nel tentativo di illustrarea un manifestante il dubbio che l’iniziativa non fosse centratissima e, dopo quattro minuti di serrato ma pacifico dibattito, il motociclista ha virato sulla franchezza: “Mo m’hai rotto er cazzo”. Vi consiglio anche il video in cui si vede un camionista trascinare i ragazzi sul ciglio della strada nel vano tentativo di aprirsi un varco: i ragazzi si sono dichiarati non violenti e hanno invitato a non ricorrere alla violenza. E il cerchio si è chiuso perché poco mi pare violento come impedire agli altri di andare al lavoro, da un parente, a fare la spesa, e inchiodarli in colonna nella presunzione di avere in testa qualcosa di meglio di quello che c’è nelle teste loro.
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