SE IL MONDO CAMMINA A VELOCITÀ DIVERSE

Una chiave di lettura di due tra gli eventi catastrofici maggiori di questo secolo, come forme di resistenza alla globalizzazione da parte dei sistemi socio-culturali meno evoluti

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Editoriale telegrafico per la
Nwsl n. 564, 12 aprile 2022 – In argomento v. anche il fondo pubblicato sulla Gazzetta di Parma il 30 marzo 2022, La realtà è che Putin non può fare a meno dello scambio commerciale internazionale  .

La globalizzazione ha un problema: essa ha la pretesa di abbattere le frontiere, o renderle comunque permeabili, fra Paesi che si collocano in posizioni molto diverse tra loro nel percorso plurimillenario di civilizzazione che l’umanità sta compiendo. Per esempio, fra i Paesi cosiddetti “occidentali” e quelli musulmani la cui cultura dei diritti civili ignora ancora l’Illuminismo, oppure quelli la cui cultura politica è rimasta all’epoca delle pulsioni nazional-imperialiste ottocentesche. Accade, così, che l’establishment di un Paese più culturalmente arretrato cerchi di ostacolare la globalizzazione per evitare che il “virus” della cultura più evoluta penetri nel tessuto sociale del proprio Paese.

In questa chiave possono leggersi, per esempio, la nascita dell’Isis e l’attacco alle Torri gemelle del 2001: il mondo musulmano più conservatore, rimasto al medioevo, cerca di frenare la globalizzazione per arginare la diffusione al proprio interno delle idee e del modello di vita “occidentali” del secolo XXI. E così può leggersi anche il tentativo di invasione dell’Ucraina da parte delle forze armate di Putin: un regime autoritario e imperialista rimasto al secolo XIX, o alla prima metà del XX, cerca di fare argine al diffondersi al suo interno del modello liberal-democratico della società aperta e, al tempo stesso, avvisa tutte le entità satellite e le etnie periferiche di ciò che accadrà loro se fossero tentate di far proprio quel modello.

Questa chiave di lettura dei due eventi catastrofici non porta alla conclusione che la prospettiva della globalizzazione debba essere accantonata, ma solo alla constatazione di un ostacolo alla globalizzazione che richiederà, per essere superato, più tempo di quanto fosse prevedibile negli anni ’90, all’indomani della caduta del Muro. Dobbiamo però essere consapevoli che dello scambio commerciale internazionale avrà sempre bisogno anche chi si oppone alla permeabilità delle proprie frontiere; e sarà proprio lo scambio commerciale uno dei fattori più efficaci del superamento, prima o poi, degli squilibri nell’evoluzione civile del mondo.

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