COME IL GIOCARE CON LE PAROLE PUÒ SERVIRE PER IMPARARE L’ITALIANO

Risolvere i rebus fa conoscere nuove parole, di altre aiuta a mettere a fuoco il significato preciso; costringe a considerare le diverse radici etimologiche delle parole bisenso; può servire nell’insegnamento dell’analisi logica, oppure per mettere a fuoco la struttura della proposizione, molto più varia nell’italiano che in altre lingue

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Intervista a cura di Maria Grazia Pittaluga, per
La Provincia Pavese, 9 febbraio 2022 – Tutte le altre interviste e le recensioni del libro L’ora desiata vola sono facilmente reperibili attraverso la pagina web a esso dedicata

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La Provincia Pavese, 9 febbraio 2022

Professor Ichino, nel suo libro L’ora desiata vola lei sostiene che il rebus sia un gioco democratico. Non è dunque un gioco per pochi iniziati?
In realtà è un gioco accessibile a tutti, perché non costa niente. Del resto, le riviste che pubblicano rebus hanno centinaia di migliaia di lettori, distribuiti in tutti gli strati sociali.

Ma c’è chi sostiene che sia un gioco eminentemente aristocratico, perché presuppone una perfetta padronanza della lingua.
In ogni gioco ci sono i più dotati e i meno dotati, i livelli di difficoltà maggiori e quelli minori. È vero che nei rebus chi conosce meglio la lingua è avvantaggiato; però chi la conosce meno può trovare proprio in questo gioco un modo per conoscerla meglio.

Vuole dire che il rebus potrebbe essere utilizzato anche come strumento per insegnare l’italiano?
Certo che sì! Risolvere i rebus fa conoscere nuove parole; costringe a considerare le diverse radici etimologiche delle parole bisenso; può servire nell’insegnamento dell’analisi logica, oppure per mettere a fuoco la struttura della proposizione, molto più varia nell’italiano che in altre lingue.

Ma quanti docenti sono in grado di insegnare l’italiano giocando con le immagini e le parole?
Qualsiasi insegnante che ami il gioco del rebus può imparare a usarlo, introducendo ad esso i propri allievi. Sul mio sito web ho messo online un po’ di materiale didattico utilizzabile; altro ne verrà messo a disposizione in un sito web dell’Associazione Rebussistica Italiana in allestimento. In ottobre a Reggio Emilia si svolgerà un incontro con gli insegnanti proprio su questo tema.

Nel suo libro sostiene anche che il rebus è una metafora della vita. Cosa intende dire?
Nei rebus l’immagine mostra una realtà apparente, sotto la quale se ne nasconde un’altra che emerge attraverso una metamorfosi testuale. Qualche cosa di analogo accade ogni volta che sotto una realtà apparente se ne cela un’altra: per esempio nella politica, nel mercato del lavoro, nei rapporti familiari e affettivi. Tutto sta nel saper scoprire la verità nascosta attraverso gli indizi disseminati nella realtà apparente.

Già, lei paragona il gioco del rebus anche alla lettura di un giallo.
Anche il libro giallo è una sorta di gioco nel quale il lettore, in gara con l’investigatore, cerca di individuare tutti gli indizi rilevanti, mettendoli insieme come in un puzzle, per arrivare a scoprire l’assassino prima dell’ultima pagina del racconto. E così come nel giallo accade che il lettore non ci riesca, ma ciononostante si goda molto la scoperta finale, allo stesso modo nel gioco del rebus accade di non trovare la soluzione, ma questo nulla toglie al piacere di scoprirla, alla meraviglia della metamorfosi testuale che in essa si realizza.

Poi c’è l’analogia tra il mondo dei rebus e quello dei sogni: per Freud il sogno è un indovinello figurato.
Sì: in molti rebus la realtà rappresentata è surreale, come quella che si sogna dormendo. E la comprensione del significato di un sogno ha molti aspetti in comune con la soluzione di un rebus.

Come è avvenuta la sua iniziazione a questo gioco?
Ero ancora un bambino quando i miei mi inviavano d’estate in montagna ospite da un mio zio, che amava molto giocare con le parole e in particolare il gioco del rebus. Anche la mia nonna materna aveva sempre con sé la Settimana Enigmistica: diceva che gliela prescriveva il medico. Furono loro a insegnarmi le regole essenziali del gioco e anche le prime ruses.

Lei dedica il libro proprio a svelare questi segreti ai profani.
Sì: per entrare in questo mondo incantato occorre alcune “chiavi”: oltre alle regole del gioco, anche le figure ricorrenti più frequentemente – are, redi, olle, ile, faci, e così via. E qualche segreto, come per esempio il repertorio delle corone nobiliari: perché i rebus sono pieni anche di re, principi, conti e duchi, e se non si sanno distinguere le rispettive corone ci si impantana.

Presentazione de “L’ora desiata vola” – Pavia, Biblioteca dell’Università, 10 febbraio 2022

Un consiglio a chi non conosce questo mondo?
Entrarci senza paura: la fatica iniziale è minima rispetto alla sorpresa e al divertimento della metamorfosi delle “prime letture” in soluzioni, che qualche volta sono veramente meravigliose.

Un esempio?
Il più bello lo ho utilizzato come titolo del libro. Si vede un signore, individuato dalle lettere LO, seduto a tavola con piatto, posate e bicchieri, che si fa la barba: LO radesi a tavola = L’ora desiata vola. Non è meraviglioso?

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