La disputa sindacale sul ritorno al lavoro da remoto per i dipendenti pubblici dovrebbe essere risolta sulla base della misurazione rigorosa degli effetti, finora quasi del tutto mancata
.
Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 557, 10 gennaio 2022 – Tutti gli altri articoli e interviste su questo tema pubblicate su questo sito sono facilmente raggiungibili attraverso il portale a esso dedicato .
.
È in atto un braccio di ferro fra i sindacati del settore pubblico, che chiedono un ritorno allo smart working su larga scala, e il ministro Brunetta, che cerca di arginare la pressione per il ritorno al regime “tutti a casa”. Al ministro, di cui va apprezzato l’impegno, mi permetto di rivolgere un suggerimento: prenda spunto dal recente rapporto dell’Istat sul lavoro nelle amministrazioni pubbliche per imporre una rilevazione capillare degli effetti del lavoro agile. L’Istat ci informa che “solo una amministrazione su tre [fra quelle in cui è stato praticato] ha analizzato l’impatto dello smart working sui livelli di produttività dell’ente”; e solo nel 27,6% dei casi sono state effettuate rigorose rilevazioni quantitative: complessivamente, dunque, meno di un caso su dieci. Quel che è peggio è che in meno della metà di questi casi effettivamente misurati è stato rilevato un impatto soddisfacente sulla produttività effettiva. Su quello che è accaduto nella parte restante delle amministrazioni, quelle che non hanno effettuato alcuna rilevazione, la percezione esterna è quella di una grave paralisi. Così stando le cose, è giustissimo lasciare alle amministrazioni la massima flessibilità per un ritorno “responsabile e intelligente” allo smart working, come prevede la circolare interministeriale 7 gennaio 2022, purché però si pongano alcuni requisiti indispensabili: 1. che il lavoro da remoto sia materialmente possibile (in particolare, che sussista l’accessibilità da remoto al sistema informatico dell’amministrazione); 2. che l’amministrazione sia in grado di stabilire la quantità del lavoro destinato a essere svolto da remoto e di misurarne il risultato; 3. che entrambi gli aspetti siano oggetto di un monitoraggio costante e di relazione analitica. Solo così si eviterà che il nuovo periodo di lavoro agile emergenziale nelle amministrazioni possa tornare a essere – come troppo diffusamente è stato nel biennio passato – un periodo di non lavoro.