APPRENDISTATO DEL REBUS – 14. LA PAROLA CHE RICOMPARE, COSTRUITA CON MATERIALI TESTUALI DIVERSI

Non è affatto vietato (anzi, può essere un pregio raffinato del gioco) che il termine costituente una chiave in prima lettura torni a presentarsi nella soluzione, costruito con materiale testuale completamente diverso

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Quattordicesima lezione, 21 febbraio 2022 – Nell’epigrafe della penultima lezione il link mediante il quale si può risalire a ciascuna delle lezioni precedenti

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Nella dodicesima lezione abbiamo messo a fuoco la portata della regola fondamentale per cui una parola che compare in prima lettura non può comparire anche nella soluzione, né può comparirne una che abbia la medesima radice lessicale e semantica. In questa lezione vedremo che, invece, non è affatto vietato  far comparire nella soluzione una parola appartenente anche alla prima lettura, quando questa sia costruita mediante una o più chiavi diverse. Per mostrarlo ho creato il rebus che segue, nel quale due parole quasi identiche, con radice lessicale e semantica comune, compaiono sia nella prima lettura sia nella soluzione, ma quella che compare nella soluzione è costruita con materiali testuali completamente diversi.

È un rebus stereoscopico: nel quale cioè la soluzione deve essere trovata attraverso il raffronto fra le due immagini, che indicano il tempo dell’azione, come se fossero due fotogrammi di uno stesso film. Nel nostro caso si vede in un primo tempo una persona molto avanti con gli anni, che lavora per il  riordino assai laborioso di una biblioteca; nella seconda immagine la stessa persona – qui contrassegnata con il grafema R – siede compiaciuta nella biblioteca riordinata, guardando tre ragazze – contrassegnate rispettivamente con A, I ed E – che leggono un libro sedute al tavolo; una delle ragazze le si rivolge ringraziandola e chiamandola “nonno”. Se una parola compare nell’immagine, è tassativamente escluso che essa possa comparire né in prima lettura né nella soluzione: la chiave costituita dal vecchio R, dunque, non può certamente essere “nonno”. Nel linguaggio dei rebus le persone vecchie accompagnate da nitpoti sono per lo più “avi”.

Poiché i grafemi sono collocati nella seconda immagine, come si è detto, il solutore deve guardare all’azione compiuta da R come già svolta: essa dovrà dunque essere espressa da una voce verbale coniugata a un tempo passato.

Trattandosi di un rebus che presenta qualche difficoltà, il “diagramma” collocato sopra le immagini fornisce non solo la scansione della soluzione, ma anche quella della prima lettura; ed è molto importante imparare ad avvalersene. Dalla scansione della prima lettura apprendiamo che la prima parola è costituita da una sola lettera apostrofata: si tratta dunque con tutta probabilità dell’articolo determinativo “l’…”, seguito da una parola di 3 lettere: viene molto bene collocare qui la chiave “avo”. Dunque: L’avo R… E poiché la prima parola della soluzione è di 6 lettere, a questo punto sappiamo che essa può essere soltanto il sostantivo “lavoro”, oppure la voce verbale “lavora”.

Sappiamo inoltre che, come in tutti i rebus stereoscopici, anche in questo la chiave principale deve essere costituita da un’azione, la quale sarà espressa da una voce verbale. Il problema è dunque di individuare l’azione che “l’ avo R” ha compiuto. Vengono subito in mente i verbi “riordinare” e “risistemare”, che però non ci aiutano affatto a completare la prima parola della soluzione, come non ci aiutano i più generici “lavorare”, “faticare”, “sgobbare”. Per completare la prima parola abbiamo bisogno di un verbo che incominci con “o”, oppure con “a”; e dalla scansione della prima lettura sappiamo che la voce verbale deve essere di cinque lettere. Con il debito lavorio e con un po’ di esperienza si arriva a scegliere il verbo “operare” e in particolare il suo passato remoto coniugato alla terza persona singolare: L’avo R operò.

Il seguito è abbastanza facile. In prima lettura la quarta parola è di 3 lettere, seguita da tre di 1 lettera, che sono sicuramente i grafemi indicanti ciascuna delle tre ragazze: considerata la scena rappresentata nella seconda immagine, possiamo supporre che si tratti della preposizione “per”: L’avo R operò per A I E… = Lavoro per operai e… L’ultima parola della soluzione, di 8 lettere, va invece trovata cercando un sostantivo o aggettivo che si attagli a ciò che stanno facendo le tre ragazze. Esse leggono, dunque sono “lettrici”; donde, giocando sulle cesure tra le parole, la soluzione:

L’avo R operò per A I E lettrici = Lavoro per operai elettrici.

Come si vede, nella prima lettura compare la parola “operò”, che ha la stessa radice lessicale ed etimologica di “operai”, terza parola della soluzione; tuttavia il divieto di cui abbiamo parlato nella penultima lezione qui non si applica, perché la parola “operai” è costruita con materiali testuali diversi, utilizzando soltanto la desinenza di “operò”, ma non la radice. Stesso discorso vale in riferimento alla preposizione “per”: è vero che essa compare sia in prima lettura, sia nella soluzione; ma il materiale testuale con cui essa è costruita nella soluzione è costituito non dalla preposizione che compare in prima lettura, bensì da tre lettere della parola “operò”.

Un altro esempio di rebus nel quale una parola che compare in prima lettura compare anche nella soluzione, ma qui in posizione diversa e costruita con materiale testuale diverso, è questo di Gringoire (Nicolò Cappello), pubblicato dalla Settimana Enigmistica nel 2020 e ripreso ne L’ora desiata vola (dove compare col n. 40: v. ivi la spiegazione dell’itinerario da seguire per la soluzione). La prima chiave è “L e G sedia antica” (per contrapposizione con la sedia moderna in secondo piano); e l’aggettivo “antichi” compare anche nella soluzione, ma qui come risultato della combinazione di NTI con “chino”:

È LeG antica sedia, NTI chino, bilia U stria CI = Eleganti case di antichi nobili austriaci.

In questo rebus, dunque, non due parole con la stessa radice lessicale, ma addirittura la stessa parola – l’aggettivo “antico”, declinato prima al femminile singolare, poi al maschile plurale – compare in prima lettura e nella soluzione, senza violare la regola fondamentale. Questo ripetersi della parola causa un senso di straniamento anche nel solutore più abile; e la conseguente difficoltà aggiuntiva, lungi dal poter essere imputata a questo rebus come un difetto, ne costituisce semmai un elemento di raffinata eleganza: un pregio tanto maggiore quanto più raro.

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