I CONTI SBAGLIATI DEI PATRIOTI

Secondo i sovranisti gli investitori stranieri vengono in Italia soltanto a fare razzia; molti studi mostrano, invece, che gli investimenti esteri, anche di controllo, sono per lo più vantaggiosi per il Paese destinatario, perché portano tecnologie e culture aziendali innovative – Sono comunque più gli investimenti italiani all’estero che l’inverso

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Articolo di Tito Boeri e Roberto Perotti pubblicato su
la Repubblica il 16 dicembre 2021 – In argomento v. anche il mio editoriale telegrafico del 26 febbraio 2018 I ritardi dell’Italia nel gioco dell’economia aperta: ivi i link ad altri miei interventi precedenti sul tema

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Tito Boeri

Da anni uno dei cavalli di battaglia dei sovranisti è che gli stranieri si stanno comprando i pezzi più pregiati dell’Italia. Secondo Giorgia Meloni “abbiamo consegnato alla Francia nostri asset strategici”: di qui l’appello ai “patrioti” per difendere il Paese. Ma l’ossessione è trasversale: sono innumerevoli i politici di ogni colore che tuonano contro la decadenza italiana e l’espansionismo francese ogni volta che un’azienda di merendine o del lusso finisce in mano straniera. Tutto questo è paradossale, perché i numeri di contabilità nazionale dicono esattamente il contrario: è l’Italia che sta comprando “pezzi di ricchezza” straniera più di quanto ne venda di propri agli stranieri.

I residenti di ogni paese possiedono attivi, o “pezzi di ricchezza”, di altri paesi, come intere aziende, partecipazioni di maggioranza o di minoranza, obbligazioni, case, depositi bancari, etc. La differenza tra i pezzi di ricchezza stranieri posseduti da italiani e i pezzi di ricchezza italiani posseduti da stranieri è la “posizione netta sull’estero” dell’Italia. Se positiva, vuol dire che nel tempo gli italiani hanno “comprato” più aziende, partecipazioni, obbligazioni, depositi, case, etc. straniere di quanto abbiano fatto gli stranieri in Italia. C‘è quindi un modo semplicissimo per vedere se l’Italia è stata venduta agli stranieri: guardare la posizione netta sull’estero dell’Italia, e come è cambiata nel tempo. Ebbene, nel 2020 era positiva per 40 miliardi, mentre quella della Francia  era negativa per ben 850 miliardi; inoltre, negli ultimi dieci anni quella italiana è migliorata di 550 miliardi; quella francese è peggiorata di 450 miliardi. Esattamente l’opposto della narrativa comune.

Cosa spiega questi numeri?   E’ come con il patrimonio di una famiglia. Se una famiglia guadagna di più di quanto spende, la sua ricchezza netta aumenta: aumenterà il conto in banca, o comprerà un appartamento, o ripagherà un pezzo di mutuo. Allo stesso modo, se un paese ha un attivo di bilancia dei pagamenti, cioè all’incirca esporta più beni e servizi di quanto ne importi, questo si traduce in un pari miglioramento della sua posizione netta sull’estero: qualche residente italiano acquisirà un’azienda straniera, o delle azioni o obbigazioni emesse da residenti stranieri, o ripagherà dei debiti verso gli stranieri. Negli ultimi dieci anni, l’Italia ha accumulato un attivo di bilancia dei pagamenti di circa 250 miliardi; la Francia un passivo della stessa entità. Questo spiega quindi circa la metà del miglioramento italiano e del peggioramento francese. L’altra metà si spiega col fatto che gli italiani sono stati più bravi o più fortunati dei francesi nell’investire all’estero: gli attivi  netti esteri posseduti dagli italiani sono aumentati di valore più degli attivi netti  esteri posseduti dai francesi

A cosa si deve dunque la percezione di un’Italia svenduta allo straniero? Offriamo tre spiegazioni. Primo, la malafede e l’opportunismo politico: ogni volta che un’azienda straniera ne compra una italiana, è un’occasione per criticare il governo che “non difende gli interessi e i posti di lavoro italiani”. Secondo, la pura e semplice ignoranza dei numeri di contabilità nazionale.  Il terzo motivo ha più fondamento: i francesi privilegiano partecipazioni di controllo in aziende o comunque sostanziali  (“investimenti diretti”), mentre noi compriamo partecipazioni spezzettate e comunque di  minoranza  (“investimenti azionari di portafoglio”) o investimenti in obbligazioni, case, depositi etc. o altri attivi.  In effetti  lo stock  di  investimenti diretti netti  della Francia è di 600 miliardi,  quello italiano di 100 miliardi. In compenso, gli investimenti azionari netti di portafoglio italiani sono quasi mille miliardi, contro un saldo negativo della Francia di 100 miliardi. A quanto pare gli investitori italiani preferiscono maggiormente diversificare in partecipazioni non di controllo rispetto agli investitori francesi.

Roberto Perotti

In ogni caso, essere oggetto di investimenti diretti esteri è tutt’altro che un fatto negativo. Molti studi mostrano che gli investimenti stranieri, anche di controllo, beneficiano il paese che ne è oggetto perché portano tecnologie e culture aziendali innovative. Nella narrativa dei sovranisti, invece, gli investitori stranieri vengono in Italia a “fare razzia”: comprano aziende per carpirne i segreti, oppure le smontano per liberarsi di concorrenti di successo, oppure  ancora mirano a controllare aziende “strategiche” per dominare progressivamente e subdolamente l’Italia. È vero che fa notizia la cessione di una azienda di merendine cui sono legati i ricordi di tanti baby boomers, ma ci sono ben poche tecnologie avanzate che sia pericoloso lasciare in mano straniera. .E lee aziende in difficoltà comprate da stranieri sarebbero state ristrutturate anche se le avesse comprate un italiano.

Quanto al “controllo di aziende strategiche” quasi sempre si confonde una partecipazione sostanziale, ma di minoranza e motivata da legittime strategie di business, con il dominio subdolo, anche politico. E di aziende genuinamente “strategiche” l’Italia ne ha ben poche (non lo era, per fare un esempio, Alitalia, che anni fa poteva essere venduta a Air France invece di continuare a pesare per miliardi sul contribuente italiano). E se anche tutte le aziende alimentari o del lusso italiane fossero comprate da stranieri, non rischieremmo certo di morire nudi e di fame.

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