Il corso avviato quest’estate prosegue con lo studio di un rebus unico nel suo genere, perché nella sua immagine sono raffigurati entrambi gli autori, marito e moglie: il gioco enigmistico è anche l’occasione per raccontare un matrimonio che è durato più di mezzo secolo e ha dato un contributo straordinario all’evoluzione del rebus italiano
.
Ottava lezione, 22 novembre 2021 – Le prime sei precedenti, relative ad altrettanti rebus miei pubblicati nel corso dell’estate di quest’anno, sono raccolte ne I nuovi rebus spiegati; la settima è riferita invece a un rebus pubblicato sulla Settimana Enigmistica del 1° luglio 2021
.
.
Quella riprodotta qui a fianco è la foto presa direttamente dall’originale, che ho la ventura di possedere, del disegno a china di un rebus che non è mai stato pubblicato. Lo propongo ai lettori perché esso ha una particolarità più unica che rara: contiene una sorta di autoritratto degli autori: Giancarlo Brighenti, responsabile della sezione rebus della Settimana Enigmistica per tutta la seconda metà del secolo scorso, la cui firma per esteso compare in basso a destra, ma che usava per lo più firmare i propri rebus con lo pseudonimo Briga; e Maria Ghezzi, sua moglie, che nell’arco dello stesso mezzo secolo ha disegnato circa ventimila rebus, in buona parte ideati da lui. Le iniziali M.G. compaiono nel disegno anch’esse in basso a destra, ma lei in arte usava più spesso gli pseudonimi Gemma o – in omaggio al Briga – la Brighella. Lui è ritratto di profilo, nella figura del pittore il cui mento D costituisce una delle chiavi del rebus, mentre lei è ritratta nella figura della modella che al rebus presta come chiave la propria anca IB. Non è dato sapere perché questo rebus, che dovrebbe risalire a un’epoca intorno alla metà degli anni ’80, non sia mai stato pubblicato (1): si può solo ipotizzare che esso sia stato l’oggetto di un divertissement tra marito e moglie e come tale sia rimasto tra le loro carte private. Sta di fatto che i frequentatori di questo sito sono i primi a conoscerlo e così a essere ammessi a partecipare a questo gioco coniugale, rimasto fin qui privato, fra il Briga e la Brighella.
Per la soluzione, il passaggio appena un po’ più difficile del normale consiste nel reperimento della prima chiave (dovendosi – come ormai sappiamo bene – sempre partire da quella individuata dal grafema collocato più a sinistra nell’immagine). Sull’angolo del tavolo che sporge in basso a sinistra si vedono tre tubetti di vernice, di cui due di colore chiaro – nel bianco e nero della china le due paste appaiono entrambe bianche – e una decisamente scura, individuata col grafema DIS. Poiché la prima parola della soluzione è di 8 lettere, dobbiamo provare tutte le combinazioni tra il grafema e le parole di cui disponiamo per indicare la vernice: dunque “vernice DIS”, “tinta DIS”, “colore DIS”, “pasta DIS”, oppure “DIS vernice”, “DIS tinta”, “DIS colore”, “DIS pasta”. Di queste otto, la sola che appaia utilizzabile è la sesta: “DIS tinta”, che fornisce proprio una parola di 8 lettere: “distinta”.
Se nessuna di queste combinazioni ci avesse fornito una parola utilizzabile, avremmo dovuto trovare subito l’aggettivo con cui qualificare la tinta, per esaminare tutte le sue possibili combinazioni con DIS. Poiché invece abbiamo trovato una combinazione promettente, proviamo a lavorare assumendo questa come ipotetica prima parola della soluzione. Ora, però, ci troviamo di fronte alla necessità dell’aggettivo con cui qualificare la tinta: siamo sicuri di questo, perché nei rebus la raffigurazione di una pluralità di soggetti od oggetti simili, dei quali uno solo contrassegnato col grafema, sta quasi sempre a indicare che di quest’ultimo deve essere evidenziata in prima lettura la qualità che lo distingue dagli altri. Ma ne siamo sicuri anche perché la chiave successiva, individuata dal grafema D, è molto probabilmente “mento”; e né con “mento D”, né con “D mento” riusciamo a proseguire la nostra prima lettura. L’aggettivo che cerchiamo deve dunque indicare la differenza tra la tinta DIS e le altre due: possiamo provare con “scura”, oppure con “nera”, oppure ancora, semplicemente, con “diversa”. Con quest’ultimo aggettivo e con la chiave successiva (“mento”) ci accorgiamo di poter costruire la seconda e la terza parola della soluzione, rispettivamente di 2 e di 10 lettere: “DIS tinta diversa, mento D = distinta di versamento d…”.
Restano da trovare le ultime due parole della soluzione, rispettivamente di 2 e di 5 lettere. La chiave individuata dal grafema IB è la modella in piedi a destra nell’immagine. Se però combiniamo IB con “modella”, o “ragazza”, non approdiamo a nulla di utilizzabile per la soluzione. Possiamo anche provare con un aggettivo: “bella”, “attraente”, o “avvenente”; ma non facciamo alcun passo avanti. Questo ci induce a guardare con maggiore attenzione la collocazione del grafema: a ben vedere, esso non indica genericamente la figura della modella, ma una parte specifica del suo corpo, precisamente l’anca! E così abbiamo risolto il rebus:
DIS tinta diversa, mento D, IB anca =
distinta di versamento di banca.
I rebus più belli, come questo – a differenza di quelli nei quali diverse chiavi disparate vengono rappresentate una accanto all’altra senza alcun nesso che dia un senso all’immagine -, sono caratterizzati da un’immagine unitaria, nella quale ogni chiave è parte di un unico “racconto”. Nel rebus che abbiamo sotto gli occhi, poi, il racconto non è soltanto quello di un pittore che ritrae una modella, ma anche quello di un’amore durato una vita intera. E ciò lo rende per noi più vivo e persino commovente.
________________________
(1) In realtà, nel 1994 sulla Settimana Enigmistica (n. 3229) è comparso un rebus chiaramente ispirato a questo nell’ideazione (d’I S tinta diversa, menti B, anca RI = distinta di versamenti bancari), ma molto diverso nel disegno, a firma Paderno.
.