IL VOTO SUL DDL ZAN AL SENATO E L’ERRORE MADORNALE DEL PD

In Parlamento, sulle materie che riguardano i diritti civili fondamentali è giusto che la regola sia quella del voto segreto: anche per mettere a nudo gli scollamenti interni agli schieramenti, come  è accaduto nel caso del d.d.l. Zan

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Editoriale telegrafico per la
Nwsl n. 553, 9 ottobre 2021 – Sul disegno di legge contro la omo- e transfobia v. anche il mio editoriale telegrafico del 13 luglio 2021, Ddl Zan: il valore di una maggioranza molto ampia .
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Tra il 1979 e il 1983, quando sono stato deputato, il voto segreto era la norma: per quasi tutte le delibere, che riguardassero il contenuto di leggi o l’elezione di persone a cariche pubbliche, le scelte operate dai parlamentari non erano conoscibili. In alcuni casi, quando il voto riguardava una materia controversa sulla quale si sapeva esservi divisioni in seno alla maggioranza, accadeva con una certa frequenza che nel dibattito l’0pposizione enfatizzasse l’importanza della decisione per indurre i “franchi tiratori” in seno alla maggioranza a entrare in azione. Tra il 2008 e il 2018, quando sono stato senatore, la regola era invece – come è tuttora – il voto palese, salvi i casi in cui esso riguardi singole persone, oppure materie riguardanti i diritti civili fondamentali. Sia nel corso della prima esperienza, sia nel corso della seconda, ho sempre visto la maggioranza “andare sotto” per pochissimi voti, e per lo più in concomitanza con assenze di qualche rilievo nelle file della stessa maggioranza. Comunque i bravi segretari d’Aula del PCI prima e del PD poi, sia che i rispettivi partiti fossero all’opposizione o al governo, erano sempre in grado di individuare con precisione chirurgica le situazioni critiche, nelle quali la maggioranza era a rischio, sbagliando le previsioni al massimo di 3 o 4 voti. La cosa sconcertante che è accaduta il 27 ottobre scorso al Senato è che il PD abbia sbagliato la previsione non di 3 o 4 voti, ma di ben 23. Questo può spiegarsi soltanto in due modi: con la consapevolezza che la partita fosse irrimediabilmente perduta e la scelta di certificare la cosa in modo clamoroso (ma a che pro?); oppure con una sottovalutazione gravissima dei voti contrari in seno allo schieramento del centro-sinistra, e in particolare in seno allo stesso PD.

Quale che sia la lettura dell’accaduto, la morale che ne traggo non è quella – sostenuta da qualcuno – dell’inopportunità del voto segreto (su queste materie è giusto che in Parlamento esso sia la regola), bensì nel senso di un errore politico madornale commesso dal PD, rifiutando gli emendamenti proposti a luglio da IV. Peccato.

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