Al colossale ingorgo che sta frenando la ripresa mondiale contribuisce in parte la fuga da certe mansioni; ma da noi la bassa partecipazione al mercato del lavoro è causata principalmente da un grave difetto di servizi efficienti nel mercato del lavoro
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Secondo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 552, 25 ottobre 2021 – In argomento, oltre agli scritti i cui link compaiono nel testo, v. ultimamente La nuova domanda di manodopera che non incontra l’offerta, nonostante l’alta disoccupazione .
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Scrive Federico Rampini su la Repubblica del 21 ottobre scorso, a proposito del “colossale ingorgo” che sta frenando la ripresa mondiale: “C’è un altro fenomeno, ancora pieno di misteri, che economisti e sociologi americani chiamano ‘la Grande Dimissione dal mercato del lavoro’: la fuga di manodopera da certe mansioni, che vanno dalla ristorazione ad alcuni settori della scuola e sanità”. Da destra questo fenomeno viene spiegato con ammortizzatori sociali troppo generosi e liberi da condizioni; da sinistra esso viene spiegato con il livello troppo basso dei trattamenti offerti dalle imprese; la scienza economica ci spiega che entrambe le spiegazioni colgono un aspetto rilevante della realtà. Anzi, a ben vedere, sono una lo specchio dell’altra. Comunque la si voglia guardare, la “Grande Dimissione” rende evidente l’attualità del tema cui ho dedicato il libro L’intelligenza del lavoro: nel mercato dell’occupazione non sono solo le imprese a scegliere i propri collaboratori, ma anche questi ultimi a scegliere le imprese. E la pandemia ha indotto molti di essi a riflettere criticamente sulla propria condizione in azienda.
Nel nostro Paese il fenomeno di cui parla Rampini si manifesta sotto forma di vasti “giacimenti occupazionali” che restano inutilizzati: chi frequenta questo sito sa bene che, nonostante il tasso di disoccupazione assai elevato e le centinaia di migliaia di persone in Cassa integrazione a zero ore, in un terzo circa dei casi le imprese italiane in cerca di personale faticano molto a trovarlo. Qui da noi a causare queste situazioni di skill shortage contribuisce in modo determinante il grave difetto della rete di servizi di orientamento, informazione, formazione mirata e assistenza alla mobilità. Non si fa un buon servizio alle persone che vivono del proprio lavoro incoraggiandole ad aggrapparsi con le unghie e coi denti a strutture produttive che hanno fatto il loro tempo, ma aumentando la loro capacità di scelta, cioè fornendo loro i servizi efficienti che mancano nel mercato del lavoro.
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