“Se fossi un insegnante di scuola media non esiterei a usare i rebus per spiegare l’analisi logica, la struttura del discorso, i segreti dell’italiano”
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Intervista a cura di Orsola Vetri, pubblicata sul numero di Ferragosto 2021 di Famiglia Cristiana – Le altre interviste e recensioni del libro L’ora desiata vola sono facilmente reperibili attraverso la pagina web dedicata al libro .
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Una passione che nasce da lontano. Dall’infanzia e dalla villeggiatura in montaglia a casa di uno zio e dall’osservazione dei nonni che, abili solutori, riuscivano a coinvolgere il piccolo Pietro Ichino, oggi noto giuslavorista, nella loro caccia alla soluzione. Il tempo ha sedimentato e nutrito questo interesse e oggi il risultato è L’ora desiata vola (Bompiani), un manuale che parla a chi desidera saperne di più sul piccolo miracolo del testo bisenso che si chiama rebus.
A chi è dedicato questo libro?
«È un’idea che coltivo da quando mi è stata inoculata dal mio zio Giangiotto, appassionato di enigmistica, l’abitudine di ritagliare e conservare i rebus più belli e sorprendenti. Ne ho selezionati in diversi decenni più di duecento. L’anno scorso con il lockdown, non potendo muovermi e vedere gli amici, mi sono detto: “se non pubblico questa antologia adesso non lo farò mai più”. E ho cominciato a scrivere. Però mi sono reso subito conto che per far apprezzare questa antologia non solo agli appassionati ma a tutto il grande pubblico occorreva fornire le istruzioni e le regole, i segreti di questo gioco. Così la raccolta si è trasformata in una guida, una sorta di manuale per solutori non ancora abili. Il libro è dedicato proprio a loro».
Di libri di questo genere ce ne sono altri?
Non una guida come questa, dedicata principalmente ai profani, che è al tempo stesso una antologia dei rebus italiani più belli dell’ultimo mezzo secolo. Del resto, in nessun altro Paese al mondo l’arte del rebus ha toccato le vette di qualità, e neppure la diffusione, che ha raggiunto in Italia.
Quali caratteristiche ha un bravo solutore?
«La stessa curiosità che anima il lettore di un giallo. la voglia di farsi prendere dal gioco, di identificarsi con il detective. Dunque di esaminare gli indizi disseminati nel racconto, capire quelli che contano per arrivare da soli a scoprire l’assassino prima dell’ultima pagina del libro. Il gioco del rebus è molto simile: occorre riconoscere i tanti indizi di cui l’immagine è disseminata per trovare la verità nascosta sotto la realtà apparente. Bisogna avere “intelligenza”: parola composta da intus e legere, cioè saper leggere dentro le cose. Il gioco deirebus insegna a leggere sotto l’apparenza».
E se la soluzione non si trova?
«Nel giallo proviamo soddisfazione anche quando, pur non arrivando da soli alla soluzione, la leggiamo alla fine del libro. Allo stesso modo si prova un piacere tutto particolare anche leggendo la soluzione di un rebus che non si è stati in grado di trovare da soli. Anche così accade di godere del miracolo della sorprendente metamorfosi del testo. I rebus più meravigliosi sono spesso assai difficili; ma restano impressi per sempre».
Cos’è il tratto democratico dei rebus di cui parla nel suo manuale?
«Il rebus è un gioco per tutti. È vero che chi ha studiato è avvantaggiato perché conosce più parole e l’analisi logica. Ma il gioco non è affatto precluso a chi conosce meno i segreti della lingua. E può essere pure uno strumento didattico prezioso. Se fossi un insegnante di scuola media non esiterei a usare i rebus per spiegare l’analisi logica, la struttura del discorso, i segreti dell’italiano».
Cosa vuol dire quando parla del rebus come metafora della vita?
«Voglio dire che la vita è tutta fatta di realtà apparenti e significati nascosti. Lo vediamo soprattutto nei rapporti tra familiari, tra le persone che si corteggiano; ma anche in politica… Quante volte osserviamo il politico dire cose che hanno un significato per il grande pubblico ma contengono messaggi in codice per gli addetti ai lavori. E anche nel mercato del lavoro: è diffusa l’idea che non sia possibile trovare un’occupazione quando la si è persa, perché non si vedela realtà nascosta del mercato del lavoro, i giacimenti occupazionali inutilizzati, le transizioni professionali rese possibili da servizi efficaci. È la realtà nascosta del mondo del lavoro, che soprattutto i giovani dovrebbero essere aiutati a riconoscere sotto l’apparenza. Proprio come in un rebus».
Ha trasmessa questa passione alle sue figlie?
«Hanno incominciato ad appassionarsi al mondo dei rebus solo quando è uscito questo libro. Prima se ne tenevano a distanza con una certa paura, come si trattasse di qualcosa di complicato, astruso, inaccessibile.».
Lei è anche autore di rebus?
«Sì, ogni tanto ne creo uno; e mi piace regalarlo». Detto fatto, Pietro Ichino regala a Famiglia Cristiana il rebus che pubblichiamo qui accanto, insieme a una scheda che spiega il metodo da seguire per arrivare alla soluzione.
Quanto tempo impiega a risolverli?
«Dipende dalla difficoltà. Sulla Settimana enigmistica vanno dal più facile al più difficile… Risolvo i primi rapidamente. Per quelli delle pagine 40 e 45 a volte ci metto dei giorni per trovare la soluzione; e, per fortuna, accade anche che non ci riesca».