“[…] Il Tribunale di Modena conferma quanto già affermato da quelli di Udine e di Belluno: le norme generali consentono al datore di lavoro di richiedere la vaccinazione ai dipendenti […] Non avrebbe senso chiedere il green pass per un mezzo di trasporto o un ristorante e non chiederlo per un luogo di lavoro chiuso […]”
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Intervista a cura di Giacomo Galanti, pubblicata sullo Huffington Post il 27 luglio 2021 – In argomento v. anche l’intervista pubblicata dal Corriere della Sera il giorno prima .
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Professor Ichino, lei è d’accordo con la decisione del giudice del lavoro di Modena?
Concordo sia con quanto l’ordinanza dispone – cioè la conferma del provvedimento aziendale di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione della dipendente che aveva rifiutato di vaccinarsi – sia con la motivazione, interamente fondata su due norme di carattere generale, applicabili in qualsiasi azienda: l’articolo 2087 del Codice civile e l’articolo 20 del Testo Unico sulla sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro. È importante sottolineare, infatti, che il caso deciso dal giudice modenese si è verificato, sì, in una casa di cura per anziani, ma in un’epoca in cui non era stato ancora emanato il decreto-legge n. 44/2021, che prevede l’obbligo di vaccinazione per tutto il personale medico e paramedico. Quanto affermato dal Tribunale di Modena può dunque riferirsi a qualsiasi azienda nella quale sussista un rischio di contagio.
Anche se l’ordinamento italiano non è di common law, crede che questa decisione possa fare giurisprudenza?
Questa decisione non è isolata: essa è infatti preceduta da almeno altre due decisioni del tutto simili, sia per la motivazione sia per la conclusione, adottate nel marzo scorso dai Tribunali di Udine e di Belluno; e non consta alcuna sentenza in senso contrario, da quando la vaccinazione anti-Covid in Italia è disponibile. Si può dunque parlare di un orientamento giurisprudenziale che sta consolidandosi.
Secondo lei la Corte costituzionale se ne dovrà presto occupare?
La Consulta ha già riconosciuto la piena legittimità costituzionale dell’obbligo di vaccinazione, quando esso è necessario per la protezione della sicurezza e della salute dei cittadini in generale, dei lavoratori in particolare. E non dimentichiamo che l’infezione da Covid-19 contratta in azienda è già stata riconosciuta come infortunio sul lavoro. Non credo che, se venisse di nuovo investita della questione, la Corte cambierebbe orientamento su questo punto.
Crede sia giusto l’obbligo di Green pass nei luoghi di lavoro?
Certo che sì: non avrebbe alcun senso esigere il certificato di vaccinazione per l’accesso a un mezzo di trasporto, o a un ristorante, e non esigerlo per l’accesso a un luogo di lavoro chiuso, dove le persone sono per ore a stretto contatto fra di loro.
Questa ordinanza potrebbe essere un assist al governo Draghi per introdurre l’obbligo di Green pass sul luogo di lavoro?
Il Governo non ha certo bisogno dell’assist di un Tribunale per adottare una misura che è già in fase avanzata di elaborazione: se non è stata ancora adottata è perché il Presidente del Consiglio sta tenendo, su questo terreno, una linea opportunamente gradualista, necessaria per tenere insieme una maggioranza molto eterogenea. Ma che a questo si debba arrivare entro agosto, con un provvedimento legislativo o con un protocollo concertato fra governo e parti sociali, mi sembra cosa certa.
Professor Ichino, lei è d’accordo con la decisione del giudice del lavoro di Modena?
Concordo sia con quanto l’ordinanza dispone – cioè la conferma del provvedimento aziendale di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione della dipendente che aveva rifiutato di vaccinarsi – sia con la motivazione, interamente fondata su due norme di carattere generale, applicabili in qualsiasi azienda: l’articolo 2087 del Codice civile e l’articolo 20 del Testo Unico sulla sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro. È importante sottolineare, infatti, che il caso deciso dal giudice modenese si è verificato, sì, in una casa di cura per anziani, ma in un’epoca in cui non era stato ancora emanato il decreto-legge n. 44/2021, che prevede l’obbligo di vaccinazione per tutto il personale medico e paramedico. Quanto affermato dal Tribunale di Modena può dunque riferirsi a qualsiasi azienda nella quale sussista un rischio di contagio.
Anche se l’ordinamento italiano non è di common law, crede che questa decisione possa fare giurisprudenza?
Questa decisione non è isolata: essa è infatti preceduta da almeno altre due decisioni del tutto simili, sia per la motivazione sia per la conclusione, adottate nel marzo scorso dai Tribunali di Udine e di Belluno; e non consta alcuna sentenza in senso contrario, da quando la vaccinazione anti-Covid in Italia è disponibile. Si può dunque parlare di un orientamento giurisprudenziale che sta consolidandosi.
Secondo lei la Corte costituzionale se ne dovrà presto occupare?
La Consulta ha già riconosciuto la piena legittimità costituzionale dell’obbligo di vaccinazione, quando esso è necessario per la protezione della sicurezza e della salute dei cittadini in generale, dei lavoratori in particolare. E non dimentichiamo che l’infezione da Covid-19 contratta in azienda è già stata riconosciuta come infortunio sul lavoro. Non credo che, se venisse di nuovo investita della questione, la Corte cambierebbe orientamento su questo punto.
Crede sia giusto l’obbligo di Green pass nei luoghi di lavoro?
Certo che sì: non avrebbe alcun senso esigere il certificato di vaccinazione per l’accesso a un mezzo di trasporto, o a un ristorante, e non esigerlo per l’accesso a un luogo di lavoro chiuso, dove le persone sono per ore a stretto contatto fra di loro.
Questa ordinanza potrebbe essere un assist al governo Draghi per introdurre l’obbligo di Green pass sul luogo di lavoro?
Il Governo non ha certo bisogno dell’assist di un Tribunale per adottare una misura che è già in fase avanzata di elaborazione: se non è stata ancora adottata è perché il Presidente del Consiglio sta tenendo, su questo terreno, una linea opportunamente gradualista, necessaria per tenere insieme una maggioranza molto eterogenea. Ma che a questo si debba arrivare entro agosto, con un provvedimento legislativo o con un protocollo concertato fra governo e parti sociali, mi sembra cosa certa.
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