C’È CHI TROVA QUESTA MIA PASSIONE UN REBUS

I rebus sono una metafora della realtà, e in particolare della politica: quel che vediamo è spesso solo apparenza sotto cui si cela una verità nascosta; dobbiamo imparare a leggerla

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Intervista a cura di Antonio Di Pollina, pubblicata sul Venerdì di Repubblica il 23 luglio 2021 – Tutte le altre interviste, recensioni, articoli e lettere sul tema de L’ora desiata vola sono agevolmente reperibili attraverso la pagina web dedicata al libro

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Racconta, il Prof, che sì, in effetti dopo il libro ha trovato gente sbalordita: alcuni utenti della sua Newsletter lo hanno rimproverato perché uno come lui… insomma, non si fa così, e dovrebbe occuparsi solo di cose più serie. Ma Pietro Ichino, giuslavorista insigne, ex deputato ed ex senaore, docente universitario di Diritto del lavoro si batte eccome anche per il diritto al gioco. Di parole in questo caso: immerso fin da bambino (colpa e merito di uno zio materno che si chiamava Giangiotto) in una passione via via crescente soprattutto per i rebus. Quel mondo a parte meraviglioso e pieno di cose apparentemente assurde, ma soprattutto di regole e di sfide all’ultima intuizione tra chi il rebus lo concepisce e chi è chiamato a risolverlo. Tutto è finito in un libro che si chiama L’ora desiata vola (Bompiani) il cui titolo è la soluzione di un rebus, bellissimo, in cui compare un tizio che si fa la barba mentre pranza… E il libro è un manuale fittissimo di storie, indicazioni, spiegazioni e prescrizioni, una sorta di libro di testo puntuale e puntiglioso, quanto divertente.

Quelli che si sono stupiti scoprendole questa passione non hanno tutti i torti, no?
“Forse al primo impatto. Poi si scopre che il gioco del rebus contiene una grande quantità di analogie con pezzi della vita reale. Aiuta ad affinare il metodo, l’impegno, il rispetto delle regole, che servono nella vita”.

Con Maria Ghezzi lo scorso 30 gennaio

C’è questo parallelo con il giallo. Ma chi costruisce il rebus aiuta chi deve risolverlo, il giallista magari deve solo confondere le acque per arrivare all’ultima pagina…
“In un giallo come si deve, l’autore deve dare al lettore tutti i dati di cui dispone il detective. Nei rebus questo compito spetta al disegnatore. Nei rebus più belli, per fornire al solutore gli elementi giusti il disegno diventa una vera opera d’arte. In questo è stata maestra Maria Ghezzi”.

Il rebus come paesaggio dell’assurdo. Solo lì puoi trovare un re e un prete che, seminato del riso, corteggiano due vecchine…
“C’è però un limite al paradosso. Tra l’autore e il lettore-solutore vige un patto ferreo: nel rebus perfetto tutti gli elementi grafici hanno il loro motivo; sono gli indizi necessari per scoprire la realtà nascosta sotto le apparenze.”.

Lei cita tra i rebus più belli  uno senza lettere, dove c’è solo Anita Garibaldi sul letto di morte, soluzione “Eroina spacciata”. Che è anche una crittografia mnemonica. Siamo in zona sublime.
“Il testo bisenso è un piccolo miracolo che qui, sì, attinge al sublime. L’essenza del rebus sta proprio in questo miracolo: la metamorfosi del testo”.

Lei racconta di aver risolto dei rebus svegliandosi in piena notte…
“Sì, il cervello lavora sempre, anche mentre dormiamo. E prima di addormentarsi, pensare a un rebus che ti è rimasto da risolvere è utilissimo per scacciare  ansie e insonnia”.

Rispetto ai decenni d’oro, oggi ci si lascia andare. Dentro i rebus succede che alcuni personaggi parlino per mezzo di fumetti…
“I fumetti talvolta sono indispensabili. Certo, in altri casi è difficile scacciare la sensazione che il disegnatore non sia riuscito a rendere l’idea senza usare parole”.

Per capirsi, quando lei risponde a quelli sorpresi da questa sua passione, cosa dice?
“Dico loro che i rebus sono una metafora della realtà, e in particolare della politica. Quel che vediamo è spesso solo apparenza sotto cui si cela una verità nascosta: dobbiamo imparare a leggerla”.

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