L’USO DEL SEGNO DEL CRISTIANESIMO COME SIMBOLO DI UNA NAZIONE O DELLA SUA CULTURA, DA PARTE DI UN CREDENTE E’ UNA VIOLAZIONE DEL PRIMO COMANDAMENTO; DA PARTE DELLO STATO E’ UNA APPROPRIAZIONE INDEBITA. CHIEDO CHE ESSO CESSI, PER RISPETTO DEI CRISTIANI PRIMA ANCORA CHE DEI NON CRISTIANI
Intervento svolto al Senato, nella seduta antimeridiana del 4 novembre 2009. In argomento v. anche la presa di posizione del gruppo “Noi siamo Chiesa” e articolo di Giovanni Bachelet pubblicato su Avvenire del 29 giugno 2010
PRESIDENTE – Ha chiesto di parlare il senatore Ichino. Ne ha facoltà.
ICHINO – Sulla questione del crocefisso nelle aule delle scuole pubbliche e dei tribunali, dal punto di vista del cittadino e delle istituzioni andrebbe preliminarmente osservato che nessuna legge italiana, e neppure il Concordato, prevedono che si faccia questo uso del simbolo del cristianesimo; né tanto meno lo impongono. Si può semmai discutere della legittimità di questo uso ‑ legittimità ora negata dalla sentenza della Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo ‑ sotto il profilo del divieto di discriminazione in ragione delle scelte religiose dei singoli; ma non voglio qui affrontare la questione sotto questo delicato profilo. Mi preme invece far presente il punto di vista del cristiano, o dell’aspirante tale, che vede utilizzato il segno della propria fede dallo Stato; e si sente dire che esso viene utilizzato “come arredo” d’ordinanza, previsto da un regolamento ministeriale, o comunque, nel migliore dei casi, come simbolo di qualche cosa di diverso dalla fede cristiana: come simbolo delle radici storiche e culturali della Nazione, o dell’Unione Europea. Cioè come una sorta di bandiera della nostra terra, o della nostra cultura, utile per distinguerle da altre terre o altre culture. Ecco, questo uso del crocefisso mi disturba come credente: perché Cristo non è morto in croce soltanto per il nostro Paese, né soltanto per i Paesi europei; e il suo Vangelo non si identifica affatto con la nostra cultura, ma è stato dato a tutta l’umanità. Questo uso del crocefisso come bandiera, o come simbolo di una cultura per distinguerla dalle altre, se compiuto dai credenti, costituirebbe una violazione del primo comandamento biblico: “Non usare il nome di Dio invano”. Se è compiuto dallo Stato laico, vedo in esso un’appropriazione indebita. E chiedo che esso cessi al più presto: per rispetto dei cristiani prima ancora che dei non cristiani.