È stata lei quella che per oltre mezzo secolo ha consentito la realizzazione dei rebus più belli: quella che ha magistralmente tradotto in immagini nitide, univoche, “parlanti”, anche le sfumature più sottili dell’animo umano e dei suoi atteggiamenti, rendendo possibili (anche per i solutori) i rebus più arditi
.
Articolo in corso di pubblicazione sul numero 2/2021 della rivista Leonardo, organo dell’Associazione Rebussistica Italiana, giugno 2021 – In argomento v. anche Il segno della Brighella, pubblicato il giorno della sua morte sul sito del Corriere della Sera
.
.
Maria Ghezzi, La Brighella, può considerarsi a pieno titolo la madre del rebus italiano perché è lei che, con la sua opera grafica, ha stabilito lo standard tecnico e artistico col quale ormai da decenni chiunque in Italia si occupi della creazione dell’immagine di un rebus di buona qualità deve confrontarsi.
Nella famosa definizione del “triangolo perfetto” del rebus che suo marito, Briga, propose nel 1974 (Labirinto, n. 7/8) la qualità dell’immagine costituisce uno dei tre lati, gli altri due essendo costituiti dalla brillantezza dell’idea della chiave e dalla bellezza della frase risolutiva. Ora, sono in molti a pensare che il triangolo non sia sempre equilatero: idea testuale e perfezione della frase risolutiva sono sempre indispensabili, ma vi sono dei casi nei quali è la qualità dell’immagine a conferire al rebus un valore straordinario e a chi ne fruisce un piacere impareggiabile. A costituire dunque il lato lungo di un ottusangolo.
Nel gioco del rebus, l’ideatore è un avversario del solutore, perché deve inventare le sequenze testuali (chiave e frase) i cui rispettivi significati siano il più possibile distanti tra loro. Chi disegna l’immagine, invece, è un alleato dell’ideatore e al tempo stesso del solutore. Dell’ideatore, perché con la propria arte gli consente di scegliere sequenze testuali in cui compaiano non soltanto parole corrispondenti a cose, animali, o persone (come nei c.d. “rebus di denominazione”), ma anche azioni, e – ciò che è più difficile – stati d’animo, tratti del carattere, persino idee astratte (c.d. “rebus di relazione”). Chi disegna è però un alleato anche del solutore, perché suo compito è fornirgli nei modi più efficaci tutte le informazioni possibili, i segnali e gli indizi utili per trovare le parole con le quali deve essere costruita la soluzione. In questo sta l’eccellenza della Brighella; è stata lei quella che per oltre mezzo secolo ha consentito la realizzazione dei rebus più belli: quella che col suo pennino intinto nella china ha magistralmente tradotto in immagini nitide, univoche, “parlanti”, anche le sfumature più sottili dell’animo umano e dei suoi atteggiamenti, rendendo possibili i rebus più arditi e al tempo stesso rendendone la soluzione realmente possibile da parte di chiunque sapesse cogliere le sfumature sapienti del suo disegno.
Sul Leonardo n. 1 del 2019 Orofilo illustra quest’arte di Maria Ghezzi citando un rebus del 1977 dalla cui prima lettura deve emergere una mamma UN che ama teneramente una figliolina malata SSI (per la soluzione “tener a mente una massima latina”): dove l’immagine non si limita a illustrare la tenerezza, ma pone a confronto l’amore tenero e preoccupato della mamma UN con l’amore giocoso ed esuberante di un’altra madre che, in secondo piano, si “spupazza” spensieratamente un figliolino sanissimo. Ci sono innumerevoli altri esempi dei vertici di perfezione cui La Brighella ha saputo portare l’arte della rappresentazione del rebus, rappresentando di volta in volta la paura, l’atteggiamento remissivo, l’essere assorti, la predilezione, la scortesia, l’apparire menzognero, il vantarsi di qualche cosa, e molto altro ancora. Cito qui soltanto due esempi, entrambi del 1985, qui riprodotti per gentile concessione della Settimana Enigmistica. Uno (di G. Carretti) è quello in cui un ragazzo e una ragazza individuati dall’asterisco si dànno scontrosamente le spalle, contrapposti a due altre che sono invece amabilmente a colloquio, per la soluzione “s’ignoran, è palese = signora nepalese”.
(1’7, 1 6 = 7 8)
Ma quello che attinge i vertici del sublime è il rebus a domanda e risposta (autore Zio Igna) nel quale La Brighella si spinge a rappresentare l’atteggiamento del cane T, un tenero labrador dagli occhi parlanti, che sembra capire, commovendosi, la lettura della ode CI letta da una ragazza: per la soluzione “capire par T ode CI? Sì! = capireparto decisi”.
Di ogni rebus si usa indicare l’autore dei primi due “lati”, cioè l’ideatore delle sequenze testuali chiave-frase, e non l’autore del terzo lato. Quando questo è il lato più importante, come nei rebus sopra citati e in tanti altri, secondo me dovrebbe essere indicato anche e soprattutto chi ha disegnato l’immagine.
Vorrei concludere dedicando a Maria Ghezzi con grande affetto questo rebus (disegnato da M. De Bellis):
(2 5 2 9!)
Ci mancherà davvero. Ma sarà sempre con noi con i suoi rebus meravigliosi.