I SUSSIDI SENZA I SERVIZI RISCHIANO DI PARALIZZARE IL MERCATO DEL LAVORO

In quasi un terzo dei casi le imprese incontrano difficoltà per trovare le persone adatte e disponibili, in tutti i settori e in tutte le fasce professionali: persino nel settore dei trasporti pubblici e in quello turistico, anche a Bari e a Palermo; i sussidi non coniugati con le politiche attive del lavoro, in realtà, addormentano l’offerta di manodopera

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Intervista a cura di Luca Mazza pubblicata su
Avvenire il 26 maggio 2021 – Sullo stesso argomento e sul possibile ruolo dell’Anpal v. anche quella pubblicata su Libero il 24 maggio

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«Rafforzare e allungare il trattamento di disoccupazione, accompagnato da una vasta mobilitazione di tutte le risorse disponibili, pubbliche e private, per l’assistenza di cui ha bisogno chi ha perso il posto di lavoro». Secondo Pietro Ichino passa da interventi di questo tipo la tutela per chi verrà colpito dalla fine del divieto di licenziare. Un’altra proroga, per il giuslavorista, avrebbe effetti dannosi non solo sulla distanza, ma anche a breve termine.

Professor Ichino, il blocco dei licenziamenti resta confermato al 30 giugno. È ancora troppo presto per lasciare i lavoratori senza protezione?
Il punto è che il blocco dei licenziamenti non li protegge proprio da nulla; anzi, aggrava il loro problema, perché è dimostrato che quanto più dura il periodo di inerzia di una persona, tanto più si complica il problema del suo reinserimento nel tessuto produttivo.

Lei non si aspetta un boom di licenziamenti dal primo luglio e un conseguente crollo dell’occupazione?
I licenziamenti ci saranno, ma le persone licenziate sono già disoccupate da un bel pezzo: le statistiche Eurostat e Istat da quest’anno considerano come tali tutte le persone sospese dal lavoro a zero ore da più di tre mesi. E il loro problema occupazionale non si risolve certo fingendo che siano occupate: anzi, così lo si aggrava.
Dunque lei non vede il rischio segnalato dal fronte sindacale, che si scateni uno tsunami sociale?
Certo che sì. Ma quel rischio è destinato ad aumentare ogni giorno che passa. Alle persone che hanno già di fatto perso il posto da mesi, e che fin qui abbiamo tenuto in freezer, non possiamo, per paura dello tsunami, offrire un prolungamento sine die dell’ibernazione. Dobbiamo offrire loro semmai un rafforzamento e allungamento del trattamento di disoccupazione, accompagnato da una vasta mobilitazione di tutte le risorse disponibili, pubbliche e private, per l’assistenza di cui hanno bisogno nel mercato del lavoro. Qui sarà il grande banco di prova per l’assegno di ricollocazione, che è stato istituito sei anni fa e non è mai stato veramente attivato, se si escludono due esperimenti-pilota della Regione Lazio.

Luca Ricolfi

Che mercato del lavoro dobbiamo aspettarci dopo lo choc causato dal Covid e in quali settori potrebbero essere più facilmente riassorbite le uscite rimaste finora in freezer?
Stiamo assistendo a un fenomeno paradossale: su 760.000 posti di lavoro regolare da coprire nell’ultimo trimestre 2020, e circa altrettanti nel primo trimestre di quest’anno, in quasi un terzo dei casi le imprese non hanno trovato le persone adatte e disponibili o le hanno trovate con grande ritardo. In tutti i settori e in tutte le fasce professionali. Persino l’ATM a Milano sta faticando a coprire 600 posti: non riesce a trovare guidatori, meccanici, persino impiegati amministrativi. Stesso problema a Bari e a Palermo nel settore turistico. L’alluvione di sussidi erogati senza collegamento con le cosiddette “politiche attive”, quindi anche senza alcun controllo circa la disponibilità effettiva al lavoro, ha un forte effetto depressivo sull’offerta di manodopera. Si sta verificando, in qualche misura, quella che Luca Ricolfi in un suo libro recente ha chiamato La società signorile di massa.

Sta dicendo che i posti di lavoro ci sarebbero ma è la gente che non li vuole?
Il fenomeno è complicato e non va banalizzato. La domanda di lavoro da parte del sistema delle imprese è comunque ancora insufficiente. Resta il fatto, però, che nonostante il milione di posti di lavoro persi per via della pandemia in Italia ci sono dei veri e propri giacimenti occupazionali che restano inutilizzati, in parte perché non siamo capaci di attivare i servizi di informazione e orientamento, i percorsi di formazione o semplice addestramento necessari per renderli accessibili; in parte perché le varie forme di sostegno del reddito, non essendo accompagnate da servizi capillari di assistenza alle persone, finiscono coll’addormentare il mercato del lavoro. Ma in questo modo si danneggia gravemente anche la ripresa economica.

Come andrebbe modificato il reddito di cittadinanza per essere più efficace?
Va corretto, anche nel nome. E in tutti i casi in cui il beneficiario può lavorare occorre un servizio di assistenza capillare, per evitare l’effetto di addormentamento, o di incentivo al lavoro nero.

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