Il congelamento dei rapporti di lavoro non più esistenti e quello degli sfratti (a beneficio di chiunque, colpito o no dalla pandemia!) non fanno altro che perpetuare vecchi vizi populisti del nostro Paese
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Secondo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 544, 17 maggio 2021 – In argomento v. anche Occupati finti e disoccupati veri, del 9 aprile scorso, e il mio articolo del 9 marzo precedente, Ancora sul blocco dei licenziamenti e il modo per tutelare davvero il lavoro
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Proprio mentre si parla di accelerare la Giustizia – passaggio indispensabile per rilanciare l’economia – si proroga il blocco degli sfratti, che è tecnicamente una forma di paralisi della Giustizia stessa. Resa profondamente irragionevole, per di più, dal fatto che non distingue tra chi ha subìto una riduzione di reddito per effetto della pandemia e chi no; e non è neppure accompagnata da una sospensione del debito fiscale del proprietario sul reddito non percepito! Qualcuno ha fatto il conto del costo economico-sociale del blocco degli sfratti? Per un inquilino moroso indebitamente privilegiato, quanti sono gli aspiranti inquilini la cui speranza di trovare casa viene azzerata, stante l’effetto generale gravemente depressivo del blocco sull’offerta di case in locazione? Infine, che senso può mai avere l’estensione del blocco anche ai contratti di locazione stipulati ora, o in questi ultimi mesi? Chi mai può affittare un proprio immobile in un quadro istituzionale di questo genere?
Proprio mentre si parla di rilancio delle politiche attive del lavoro, si proroga il blocco dei licenziamenti, che ha l’effetto di congelare il mercato del lavoro. Doveva servire per mascherare l’aumento della disoccupazione, ma ormai neppure la statistica ufficiale ci crede più. Qualcuno si è chiesto quante sono, per ogni posto di lavoro tenuto in vita solo formalmente, le persone cui si ritarda la prospettiva di trovare un posto perché il mercato del lavoro è stato ingessato? Persino negli USA si denuncia il paradosso delle imprese che, per effetto dei sussidi straordinari di disoccupazione, stentano a trovare le persone di cui hanno bisogno; qualcuno si interroga su questo stesso fenomeno qui da noi, dove non solo eroghiamo la Cig senza condizioni, ma fingiamo pure che chi la percepisce sia ancora “occupato” nel suo vecchio posto?
Ci rendiamo conto che entrambe queste misure stanno allontanando drasticamente l’Italia dal modello di Paese moderno e di società aperta al cui perseguimento la UE condiziona l’attivazione del Recovery Fund?
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