Mentre il Parlamento Europeo e il nostro Governo si apprestano a varare misure volte a rendere conoscibile il grado di immunità delle persone al Covid-19, la nostra Autorità preposta alla protezione dei dati personali resta abbarbicata a una posizione integralista indifendibile
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Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 542, 19 aprile 2021 – In argomento v. anche il mio editoriale telegrafico del 22 febbraio scorso, Ancora la Privacy contro la lotta alla pandemia .
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Il Governo si appresta a varare una sorta di certificato vaccinale che consenta lo spostamento tra le regioni indipendentemente dal livello dell’allarme sanitario: iniziativa apprezzabilissima, mirata ad accelerare la ripresa del settore turistico e alberghiero. Le Ferrovie dello Stato, dal canto loro, stanno approntando dei treni “covid-free”, sui quali sarà possibile salire soltanto con un certificato di vaccinazione o comunque di immunità: misura che si giustifica con la necessità di assicurare il massimo di sicurezza, soprattutto ai viaggiatori per i quali contrarre il virus è più pericoloso. Il Parlamento Europeo, dal canto suo, sta lavorando celermente al varo di un Vaccine Passport, considerandolo uno strumento indispensabile per ripristinare la libertà di circolazione, pilastro fondamentale dell’Unione. Nonostante tutto ciò, il nostro Garante per la Privacy resta attestato sulla posizione assunta a febbraio, in difesa del diritto della persona – immutabile, irrinunciabile e non suscettibile di temperamenti – di mantenere il riserbo sul proprio essere vaccinata o no e sull’avere contratto o no l’infezione. Così facendo, il Garante della Privacy tradisce la propria funzione istituzionale, che dovrebbe consistere non in una difesa di questo valore assoluta, integralista, ma nel promuovere il suo ragionevole bilanciamento con tutti gli altri valori costituzionali, primo fra tutti oggi quello della protezione della salute e sicurezza della collettività. La disciplina della protezione dei dati personali ha la sua prima fonte nell’ordinamento europeo; se questo stesso ordinamento si orienta nel senso di rendere conoscibile il grado di immunità delle persone al virus per consentire la loro libera circolazione, perché lo stesso dato non dovrebbe essere conoscibile dall’imprenditore per consentirgli di adempiere il proprio dovere di sicurezza nei confronti di dipendenti e terzi? Per fortuna il parere del Garante della Privacy è soltanto un parere. Peccato che in questo modo esso perda ogni autorevolezza.
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