Bene che sia data ai rider anche la possibilità del contratto di lavoro subordinato, con i suoi pro e contro; purché resti consentita la scelta del lavoro autonomo, la quale anch’essa presenta degli aspetti positivi rilevanti per chi sceglie la pluri-committenza o ha esigenze di marcata flessibilità dell’impegno lavorativo
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Lettera di Nicolò Montesi, presidente della Associazione Nazionale Autonoma dei Rider, pubblicata nel numero 92 del bollettino Mercato del Lavoro News, organo della Fondazione Anna Kuliscioff – Sulla questione del lavoro dei rider v. anche, tra i miei interventi più recenti, Il ruolo insostituibile della contrattazione collettiva per risolvere la questione del lavoro dei rider
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Just Eat, dopo aver annunciato circa 3 mesi fa l’assunzione dei propri riders con un contratto di lavoro subordinato, ha aperto i colloqui con i primi candidati nella città di Monza. Così siamo in grado di conoscere e valutare le tanto attese tutele del lavoro subordinato. Non si può non apprezzare il fatto che oggi un rider abbia la possibilità di scegliere il proprio inquadramento: se preferisce l’autonomia può candidarsi con le piattaforme che adottano il CCNL Rider del 3 Novembre che regolamenta la professione, se invece sceglie la subordinazione potrà candidarsi per Just Eat che dovrebbe sottoscrivere con le organizzazioni sindacali un contratto collettivo nazionale di lavoro o , cosa più probabile, un contratto aziendale. D’altra parte, in attesa di chiarire quale tipologia contrattuale sarà adottata , i contenuti del contratto individuale che ora ciascun lavoratore interessato che potrebbe sottoscrivere con Just Eat sarebbero contenuti in un “Regolamento” che recepisce la paga base di 7,50€ lordi l’ora dal contratto cosiddetto “multi servizi”, il più basso in Italia e che non viene rinnovato da anni. Nello stesso tempo va ricordato che oggi il compenso orario minimo dei riders autonomi è di 10 euro lorde orarie ed è determinata dal contratto sottoscritto il 3 novembre scorso tra Assodelivery e Associazione Nazionale Autonoma Riders.orarie. I riders assunti da Just Eat avrebbero invece una paga mensile corrispondente di 300€ / 600€ oppure 900€ lordi al mese una volta moltiplicata la paga oraria per le ore del regolamento aziendale, ovvero 10 / 20 o 30 ore settimanali. Per di più, una volta firmato il regolamento, il rider è obbligato a rispettare regole ben definite come il divieto di multicommittenza, non può prestare servizio per altre piattaforme digitali, non può rifiutarsi di lavorare nelle ore che il datore di lavoro gli ha assegnato, non può rifiutare nessuna consegna che il datore di lavoro gli dovesse inoltrare, nè rifiutarsi di prestare lavoro supplementare o straordinario.
Le ferie sono da calcolare in 24 giorni l’anno per i dipendenti, se assunti con orario full-time, fermo restando che non decide il rider quante ore contrattuali effettuare, mentre il regolamento aziendale inoltre riconosce la malattia.
Forse sono questi ultimi due aspetti a renderlo interessante, ma ad una analisi più attenta ci rendiamo sempre più conto di trovarci davanti ad un atto di marketing commerciale contro le altre piattaforme che adottano un modello autonomo per i propri Rider. Molti giornali ed opinionisti hanno lodato Just Eat per essere stata così magnanima offrendo un contratto subordinato ai propri Rider. La stessa Just Eat ha parlato di “modello di lavoro dipendente che rappresenta una scelta etica e di responsabilità” ma di etico, personalmente, ci vedo ben poco. Come lavoratore autonomo le ferie e la malattia me le riconosco da solo con una paga doppia o tripla rispetto al regolamento di Just Eat. Rispetto punti di vista differenti ma mi lascia perplesso l’ assenza, almeno finora, di una presa di posizione chiara da parte dei sindacati contro l’applicazione della paga oraria del contratto multiservizi. Soffrire la fame è il prezzo da pagare per aver diritto di ammalarci ed andare in ferie (forse) con tranquillità ?
Accettare di scambiare Il riconoscimento della malattia e delle ferie con minimi contrattuali troppo bassi sarebbe un errore e non difenderebbe gli interessi dei riders.
Bisognerebbe entrare nelle dinamiche lavorative di questo lavoro per conoscerne le reali necessità ma a quanto pare non vi è alcun interesse a farlo. Si affronta il cambiamento del lavoro con approcci del secolo scorso, spesso ideologici e che non tengono conto né della realtà né della volontà dei lavoratori. Non è ora di cambiare ?
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