La pandemia non può costituire una buona ragione per rinunciare alla sola possibile misurazione oggettiva dell’efficacia dell’insegnamento nella scuola media superiore, tanto più necessaria in questo momento di gravissima emergenza
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Editoriale telegrafico di Andrea Ichino pubblicato sul Corriere della Sera il 24 febbraio 2021 – In argomento v. anche l’articolo di Fabrizio Zilibotti (Yale University) e altri citato nell’articolo pubblicato sulla rivista Psicology Today, Covid-19 and Children’s Education; inoltre, di A.I., l’editoriale telegrafico del 18 febbraio 2020, Scappano i giovani che rifiutano l’appiattimento .
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Spiace davvero dirlo, ma sulla scuola il nuovo Governo partirebbe con il piede sbagliato se decidesse che le prove Invalsi non saranno, quest’anno, un requisito necessario per accedere agli esami di terza media e di maturità. Una decisione che darebbe un messaggio molto pericoloso agli studenti e ai professori: “Le prove Invalsi sono un optional; anche se non le fate, per il Governo non è un problema”.
È possibile che, a causa della pandemia, in alcuni contesti sia difficile effettuare i test. Ma il messaggio del Governo sarebbe radicalmente diverso se dicesse: “Le prove Invalsi sono un requisito e quindi vanno fatte, tranne che nei casi in cui, per esigenze di contrasto al contagio, questo non fosse possibile”. Sembra una sottigliezza, ma sarebbe un cambio dalla notte al giorno.
Perché è importante questa correzione di rotta? Dopo numerosi anni in cui il voto medio all’esame di maturità fluttuava intorno ai 76 punti (con circa due punti in più al sud rispetto al nord), improvvisamente nel 2020 esso è aumentato ovunque di ben 4 punti. Se prima del Covid-19 questo voto manteneva un minimo di significatività nel segnalare gli studenti migliori, l’appiattimento “buonista” verso l’alto indotto dalla pandemia pone una pietra tombale sull’utilità di questo esame.
Di fronte a una impennata dei voti quale quella registrata nell’anno della didattica a distanza, le prove Invalsi sono indispensabili perché possono darci una misura più attendibile della perdita di competenze e conoscenze che gli studenti italiani hanno subito a causa della pandemia. Le recenti indagini del Professor Fabrizio Zilibotti e dei suoi coautori inducono a temere che questa perdita sia rilevante e debba preoccupare un Governo a cui stanno a cuore i giovani e il loro futuro. Solo grazie alle misurazioni standardizzate che le prove Invalsi offrono, anno dopo anno, sarà possibile misurare con precisione anche in Italia il danno subito dai nostri ragazzi, e porvi rimedio. Il Governo è ancora in tempo per non perdere questa occasione.
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