La persona che contrae la malattia dopo avere rifiutato di vaccinarsi non ha diritto al trattamento Inail riservato a chi subisce un infortunio sul lavoro
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Intervista a cura di Alessandro Banfo, pubblicata il 22 febbraio 2021 dall’Agenzia di stampa La Presse, a seguito della pubblicazione sul Secolo XIX del mio articolo Vaccinazione: quando l’ospedale non la esige dal proprio personale.
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D. Professor Pietro Ichino, ammalarsi in corsia dopo aver detto no al vaccino va considerato infortunio sul lavoro, con l’insieme di tutele che ne deriva?
R. La regola generale è nel senso che l’assicurazione Inail copre il rischio di infortunio sul lavoro o malattia professionale anche per il caso in cui il sinistro sia stato causato da negligenza o imperizia della persona interessata. Tuttavia l’estensione di questo trattamento al contagio da Covid-19 con sua equiparazione a infortunio sul lavoro o malattia professionale è prevista in una norma speciale – l’art. 42, c. 2, d.-l. n. 18/2020, convertito con l. n. 27/2020 -, che dispone l’ampliamento della copertura assicurativa rispetto ai confini ordinari in via eccezionale: ben può, dunque, l’Inail sostenere che questa estensione non opera nel caso in cui il “sinistro” abbia tra le sue concause un comportamento deliberatamente negligente della persona interessata. Il rifiuto della vaccinazione, quando non sia giustificato da controindicazioni mediche precise, implica infatti l’esposizione deliberata della persona a un rischio aggiuntivo rispetto a quello che l’Inail deve coprire, per effetto della norma speciale citata.
D. Quali effetti conseguono alla mancata copertura del “sinistro” da parte dell’Inail?
R. Ne consegue che l’infezione da Covid-19 deve essere, in questo caso, qualificata e trattata come malattia ordinaria, a norma dell’articolo 2010 del Codice civile, con applicazione di un trattamento economico meno favorevole e con possibilità di licenziamento nel caso di superamento del periodo di comporto.
D. Il medico o infermiere che rifiuta la vaccinazione, ma non ha contratto l’infezione, può svolgere la propria prestazione normalmente?
R. Se lo svolgimento della normale attività lavorativa comporta il contatto diretto con i pazienti, o anche soltanto con altro personale sanitario, la Direzione dell’Ospedale o Casa di cura non può ragionevolmente consentire l’esposizione di queste altre persone al rischio aggiuntivo che il medico o infermiere renitente alla vaccinazione possa incubare l’infezione pur senza sintomi apparenti. Deve dunque essere disposta la sospensione dal lavoro di questo dipendente fino a che la pandemia non possa considerarsi superata. E se il rifiuto della vaccinazione non è giustificato da controindicazioni mediche precise, può essere sospesa la retribuzione per tutto il periodo in cui la prestazione non viene svolta.
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