Proprio mentre il nuovo Governo indica la mobilitazione generale contro il contagio come priorità assoluta, una immotivata quanto drastica presa di posizione del Garante per la Protezione dei Dati Personali torna incredibilmente a ostacolarla
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Secondo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 538, 22 febbraio 2021 – In argomento v. anche il mio editoriale telegrafico del 4 maggio 2020, La lotta al Covid-19 e l’oscurantismo della falsa religione della privacy; e, ultimamente, sul tema specifico della legittimità della richiesta del datore del certificato di vaccinazione del lavoratore cui questa misura sia stata richiesta, l’intervento di Luigi De Angelis, Ragionando a caldo su vaccinazioni e rapporto di lavoro.
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In perfetta coincidenza con l’indicazione da parte del premier Mario Draghi della vaccinazione di massa degli italiani come esigenza vitale del Paese e obiettivo numero uno del nuovo Governo, il Garante della Privacy ha drasticamente vietato alle imprese di verificare l’adempimento da parte dei propri dipendenti del dovere di vaccinarsi, anche quando dalle stesse indicato come misura di sicurezza nel luogo di lavoro. Lo ha fatto non con un provvedimento ponderato e motivato, ma con una FAQ: una risposta apodittica quanto laconica alla domanda ipotetica di un cittadino. Ignorando totalmente l’orientamento contrario maggioritario nella dottrina sul questo tema e quindi senza peritarsi di spiegare dove starebbe l’errore di questa dottrina. Se la vaccinazione può essere richiesta come misura di sicurezza, dovrebbe essere ovvio che il datore di lavoro possa chiedere al dipendente di dimostrare il relativo adempimento; solo una adesione acritica alla religione della privacy come valore gerarchicamente superiore a tutti gli altri può portare a negarlo. Per convincersene basti pensare all’impresa di servizi (non solo sanitari, ma anche alberghieri, di ristorazione, di trasporto, ecc.) che del tutto ragionevolmente, a norma dell’articolo 2087 del Codice civile, esige dal personale la vaccinazione, per la protezione del personale stesso e degli utenti, e che si vede preclusa da una FAQ del Garante la possibilità di verificare l’adempimento. Si conferma così ancora una volta che la protezione della privacy nel nostro Paese, per il modo in cui è interpretata e applicata dall’Autorità che vi è preposta, rischia di trasformarsi per diversi aspetti in un fattore di oscurantismo e di regresso economico e civile. Il nuovo Governo e il Parlamento intervengano al più presto per correggere questa stortura, che pregiudica gravemente la campagna per la vaccinazione anti-Covid. E nella scelta del prossimo capo dell’Autorità si tenga conto della necessità di un contemperamento molto più attento ed equilibrato tra il diritto delle persone alla riservatezza e gli interessi generali della collettività.
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