LA PANDEMIA COME OCCASIONE PER UNA SCUOLA PIÙ INCLUSIVA

Molti oggi invocano un pronto ritorno alla didattica in presenza; ma proprio la didattica a distanza può essere la base per costruire percorsi di istruzione personalizzati che prevengano la piaga dell’abbandono scolastico

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Lettera di Sergio Briguglio 12 gennaio 2021, in riferimento a
Una proposta di riforma della scuola, di Giovanni Cominelli – Segue la risposta di quest’ultimo
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Sergio Briguglio

Caro Pietro,
ho letto con molto interesse la proposta di riforma della scuola riportata dal tuo sito. È da molto tempo che rifletto su alcuni aspetti dell’attuale assetto della scuola italiana e ho ritrovato, in quella proposta, elementi che mi sembrano compatibili con le considerazioni che ti propongo di seguito.

La mia attenzione, in questi anni, si è focalizzata sul problema dell’istruzione dei ragazzi che, per qualunque ragione, risultino svantaggiati rispetto alla media. Spesso lo svantaggio deriva dal fatto di essere giunti in Italia in eta’ relativamente avanzata, e di essere stati inseriti nella scuola dell’obbligo quando ancora la loro conoscenza della lingua italiana era molto povera. Altre volte lo svantaggio e’ di tipo sociale, perche’ la famiglia di appartenenza non puo’ offrire al ragazzo le
stesse opportunita’ di cui possono godere la maggior parte dei coetanei. Altre volte ancora, lo svantaggio dipende da problemi di salute che hanno interrotto il normale percorso didattico. Ma si potrebbe continuare con molti altri esempi.

Il ragazzo svantaggiato – lo indicherò così, senza specificare di quale tipo di svantaggio sia portatore – ha ovviamente, come tutti gli altri, diritto al pieno sviluppo della sua persona, ed e’ compito della Repubblica gli ostacoli che lo impediscono. La scuola dovrebbe essere lo strumento
privilegiato per assolvere questo compito. Ma, oggi, si dimostra inadeguata. Lo provano, in particolare, i dati sull’abbandono scolastico. Nel passaggio dall’anno scolastico 2016/2017 al 2017/2018, la percentuale di abbandono nella scuola secondaria di primo grado e’ stato pari all’1,17%; quella nella scuola secondaria di secondo grado e’ stata pari al 3,82%.

Oltre all’abbandono scolastica, esiste anche una forma di ghettizzazione: molti ragazzi non riescono ad affrontare uno studio di tipo liceale o tecnico, e vengono dirottati verso gli istituti professionali. Gli istituti professionali, a loro volta, non preparano i ragazzi ad un ingresso nel
mercato del lavoro, ma finiscono per essere una ripetizione, a livello ridotto, dei programmi di scuola media.

Quale che sia il tipo di scuola, l’esito dell’anno scolastico e’ di tipo binario: promosso/bocciato. Il meccanismo dei debiti da recuperare prima dell’inizio del nuovo anno scolastico funziona solo come meccanismo punitivo per chi non abbia messo un adeguato impegno. Per gli altri, l’idea che le lacune accumulate in nove mesi di scuola possano essere colmate in tre mesi
di studio solitario e’ una pura finzione.

Nei confronti del ragazzo svantaggiato, la categorizzazione che la scuola si picca di mettere in atto, in base ai vari “bisogni educativi speciali” si traduce solo nel patto tacito “ti do di meno, ma – sta’ tranquillo – ti chiedero’ di meno”.

Il punto di partenza, per curare i problemi fin qui riportati, consiste nel riconoscere che un ragazzo che parta da una condizione di svantaggio può non essere in grado di colmare il divario che lo separa dai coetanei in tempi confrontabili con l’anno scolastico, ma non deve vedersi precludere,
per questo motivo, un percorso di piena realizzazione delle proprie capacità e delle proprie aspirazioni.

Bisogna accettare che le stesse competenze che i ragazzi in condizioni non svantaggiate riescono a maturare nel corso dell’anno scolastico siano maturate in un tempo piu’ lungo. Questo non ha niente a che spartire con la prassi della bocciatura. Non si tratta di far ripetere l’anno scolastico a coloro per i quali la durata standard non basti, ma di poter distribuire l’apprendimento su un tempo piu’ lungo, la cui durata puo’ variare con le materie: un ragazzo cinese, per esempio, potrebbe aver bisogno di un tempo più lungo per padroneggiare la lingua italiana, ma non per completare il programma di matematica.

Questa impostazione funziona gia’ oggi in qualunque scuola privata di lingua: gli studenti passano da un livello al livello superiore quando hanno raggiunto una adeguato livello di conoscenza. Funziona anche nei corsi universitari (o, almeno, funzionava quando la frequentavo io): lo studente sostiene l’esame quando ritiene di aver preparato adeguatamente la materia;
chi ha bisogno di più tempo, andrà fuori corso, ma non per questo maturerà una preparazione di minor valore.

In un contesto in cui la durata dell’apprendimento sia personalizzata, potrebbe non trovar risposta il bisogno di socializzazione dei ragazzi con i propri coetanei. Il ragazzo che abbia bisogno di piu’ tempo per maturare le conoscenze necessarie rischierebbe di essere allontanato dai propri
coetanei. La cosa si risolverebbe facendo in modo che una quota importante delle attività scolastica possa essere svolta “per eta’ “: le attività sportive, quelle teatrali, artistiche e culturali in genere, approfondimenti e dibattiti su temi di interesse, etc.. È bene notare che, con l’impostazione odierna, la bocciatura o la ghettizzazione in scuole di livello più basso separa molto più radicalmente i ragazzi svantaggiati dai coetanei non svantaggiati.

I programmi di ciascuna materia dovrebbero essere suddivisi in moduli, di dimensioni contenute: verificata la maturazione delle competenze relative a un modulo, si passa al successivo. In questo modo, il ragazzo avrebbe la percezione dei progressi compiuti, senza che il traguardo debba apparirgli irraggiungibile.

Lo studente dovrebbe avere la possibilità di costruire il proprio percorso verso l’ingresso nel mercato del lavoro. A questo scopo, dovrebbe essere con chiarezza indicato il valore propedeutico di ciascuna materia e di ciascun modulo ai fini della prosecuzione dello studio o della scelta di una
attivita’ lavorativa. Oltre alle materie “necessarie” per la prosecuzione del percorso, ciascun ragazzo dovrebbe inserire nel proprio curriculum studiorum un certo numero di materie facoltative, in modo da ampliare i propri orizzonti culturali.

Il sistema fin qui delineato è incompatibile con una didattica in presenza effettuata in modo sincrono per tutti gli studenti. Richiederebbe lo sviluppo di sussidi didattici da utilizzare a distanza e secondo i tempi scelti da ciascuno studente. Ogni docente potrebbe registrare, come base del
suo insegnamento, videolezioni scaricabili e fruibili nel modo che il ragazzo trova più vantaggioso (pause, visioni ripetute, etc.). I docenti o, in alternativa, dei tutor adeguatamente formati, dovrebbero poi essere a disposizione degli studenti per chiarimenti, esercitazioni, discussioni,
verifiche del livello di apprendimento.

Questo tempo di pandemia, se percepito, oltre che nei suoi aspetti negativi, come opportunità per creare qualcosa di nuovo, potrebbe essere il punto di partenza per la costruzione di strumenti adatti a una valida didattica a distanza e asincrona; e questa, a sua volta, potrebbe costituire la base per la sperimentazione di percorsi personalizzati in favore degli studenti svantaggiati. Bisognerebbe approfittare del fatto che oggi tutti gli studenti si trovano in una situazione di svantaggio, e la scuola può finalmente aprire gli occhi su una condizione che, ordinariamente, riguarda solo ragazzi destinati allo scarto.

Perdona la lunghezza di questo messaggio. Buon anno!

Sergio

 

Giovanni Cominelli

LA RISPOSTA DI GIOVANNI COMINELLI

L’ispirazione e i contenuti del commento di Sergio Briguglio sono del tutto condivisibili. Le sue osservazioni mi interessano, visto che provengono direttamente dal campo.

Su 100 bocciati, la bocciature serve realmente solo al 2%. Per gli altri é prodromo alla dispersione.

Per uscire dalla trappola della promozione/bocciatura, serve passare alla personalizzazione del percorso e alla certificazione delle tappe compiute. Ciascuno ha le proprie.

Questo sistema così com’é non fa che riprodurre i meccanismi di selezione sociale già dati all’ingresso del sistema. Il sistema di istruzione non dà nessuna accelerazione all’ascensore.

In realtà, la politica dell’istruzione é diventata politica del personale, pertanto delegata ai sindacati. I partiti, già a partire dal PCI, hanno sempre firmato i contratti a pie’ di lista…

Giovanni Cominelli

 

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