La proposta di direttiva UE sulla retribuzione oraria minima è l’occasione per un ripensamento della struttura delle retribuzioni, oggi nel nostro Paese indebitamente complicata
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Terzo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 531, 2 novembre 2020 – In argomento v. anche il mio editoriale telegrafico del 10 giugno 2019, Il minimum wage ha bisogno di retribuzioni trasparenti .
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La Commissione UE ha pubblicato una proposta di direttiva sui “salari minimi adeguati”, che mira a obbligare gli Stati membri a rendere effettivo un adeguato standard minimo retributivo orario universale. Se questa proposta si trasformerà in direttiva, per il nostro Paese sarà l’occasione per un ripensamento della struttura delle retribuzioni del lavoro dipendente. Il confronto tra le paghe italiane e quelle degli altri Paesi è reso particolarmente difficile non solo dalla ripartizione della retribuzione annua in tredici o quattordici mensilità, ma anche dalla diffusione dell’istituto vetusto degli scatti di anzianità e dall’obbligo dell’accantonamento per il t.f.r., che non esiste in alcun altro Paese. Quanto ne soffra la confrontabilità immediata dei nostri standard retributivi con quelli degli altri Paesi dell’Unione è dimostrato da questo grafico, tratto da un articolo di A. Garnero e G, Giupponi su lavoce.info.
Quando il minimum wage “morde”
Quota dei lavoratori dipendenti cui si applica il minimum wage nei Paesi UE – Gli istogrammi arancioni mostrano la percentuale di lavoratori italiani cui si applicherebbe una paga oraria minima di € 9, a seconda di come questa venga intesa
Se in Italia venisse istituito un minimo orario di 9 euro, l’impatto sarebbe diverso a seconda che esso fosse inteso come comprensivo delle mensilità aggiuntive e dell’accantonamento per il t.f.r. (meno del 5 per cento dei lavoratori oggi guadagnano di meno), oppure come non comprensivo di quelle voci di retribuzione differita, i cui ratei pertanto si dovrebbero aggiungere ai 9 euro: in questo caso la quota di lavoratori che oggi godono di un livello retributivo inferiore sale a oltre il 25 per cento. Forse è giunto il momento di interrogarci sull’opportunità di mantenere in vita questi residui di un antico paternalismo. Anche perché si va verso un mondo nel quale una quota sempre maggiore di lavoratori si collocheranno in una zona grigia tra quelle dell’autonomia e della subordinazione (si pensi per esempio al c.d. lavoro agile e al lavoro organizzato mediante le piattaforme digitali) e sarà sempre più necessario facilitare le transizioni, unificando strutture retributive e sistemi previdenziali. Una maggiore trasparenza e confrontabilità delle retribuzioni gioverà a tutti.
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