Fino a ieri relegato ai margini della società, con Trump il “cospirazionismo” è entrato alla Casa Bianca; e in questa nuova versione esso appare animato dall’intendimento di delegittimare i fondamenti stessi della democrazia
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Editoriale telegrafico di Anna e Pietro Ichino per la Nwsl n. 531, 2 novembre 2020 – In argomento v. anche l’editoriale telegrafico di quattro anni fa, all’indomani dell’elezione di Donald Trump: Appunti a caldo sull’elezione di Trump alla presidenza USA – Sulla contrapposizione tra favorevoli e contrari alla globalizzazione, tutti gli interventi e i documenti pubblicati su questo sito sono reperibili attraverso il portale dedicato al nuovo spartiacque della politica mondiale .
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Un duello del tutto inedito, quello che giunge al suo epilogo negli USA martedì prossimo. Non tanto per la contrapposizione che vede un candidato democratico favorevole al processo di globalizzazione, appoggiato al tempo stesso dalle minoranze etniche e dalla maggioranza dell’establishment economico finanziario, sfidare un plurimiliardario di estrema destra, sostenuto anche da una classe operaia che si sente minacciata dalla globalizzazione. Una contrapposizione di questo genere ha caratterizzato nell’ultimo quinquennio anche lo scenario politico di molte altre nazioni, a cominciare dal Regno Unito. La peculiarità straordinaria del confronto elettorale statunitense sta nell’adesione dichiarata del presidente uscente a un partito diverso dai due che tradizionalmente si contendono il potere negli USA: il partito mondiale dei negazionisti-cospirazionisti, che la globalizzazione la combatte mediante la diffusione massiva e sistematica di notizie false (1). Donald Trump si è prestato deliberatamente e ripetutamente a fare da megafono sui social a fake news originate da QAnon e da altri ambienti cospirazionisti. Secondo alcuni studiosi del fenomeno, quello di Trump è ancora più pericoloso del cospirazionismo classico, che semina sfiducia verso i rappresentanti delle istituzioni e gli esperti di diverse discipline. Il cospirazionismo di Trump mira a delegittimare alla radice le istituzioni rappresentative stesse, a screditare – svilendoli e ridicolizzandoli – i fondamenti della convivenza democratica, tra i quali il rispetto per le regole istituzionali e per le competenze specialistiche. Un intento, dunque, essenzialmente distruttivo: un “conspiracism without the theory”, come è stato definito per sottolineare tanto il vuoto di ideologia politica che lo caratterizza, quanto il fatto che per affermarsi non ricorra all’argomentazione, pur tendenziosa, ma solo a un’insistita ripetizione di slogan (2). Martedì prossimo – non è né fazioso né esagerato affermarlo – nel Paese che per un secolo è stato, nel bene e nel male, un modello di società aperta e moderna per tutto il mondo libero si giocano le sorti della sua stessa democrazia. E quindi anche un po’ della nostra.
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(1) Si veda in proposito lo studio di un gruppo di ricercatori della Cornell University – Coronavirus misinformation: identifying sources and themes in the Covid-19 ‘infodemics’ – che individua nel Presidente in carica degli U.S.A. la fonte di gran lunga più rilevante (37,9 % su un totale di oltre 38.000 articoli e post) di notizie false diffuse sui social media dal 1° gennaio al 26 maggio 2020 in tema di pandemia Covid-19. Per una analisi più ampia del fenomeno, si vedano P. Seargeant, The Art of Political Storytelling. Why Stories Win Votes in Post-truth Politics, Bloomsbury Academic, 2020; e K.M. Douglas e altri, Understanding Conspiracy Theories, in Political Psychology, vol. 40, 2019.
(2) R. Muirhead e N.L. Rosemblum, A Lot of People Are Saying. The new Conspiracism and the Assault on Democracy, Princeton University Press, 2020.
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