RIFORMA FISCALE E DENARO ELETTRONICO

Contro una forte limitazione dell’uso del contante si leverebbero gli scudi dei difensori della libertà (e della facoltà di spendere il denaro senza darne conto neppure al fisco); ma se si accetta che la moneta sia rappresentata da un lembo di carta filigranata, perché non dovrebbe poter avere la stessa valenza una tesserina magnetizzata?

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Numero 81 del bollettino MDL News, edito dalla Fondazione Anna Kuliscioff, 14 ottobre 2020: articolo a cura del prof. Franco Cavallari, già  Ispettore tributario centrale del ministero dell’Economia e delle Finanze – In argomento v. anche
Un modo semplicissimo per stroncare radicalmente l’evasione fiscale .
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Riforma fiscale e denaro elettronico: misure utili a un utilizzo efficace del Recovery Fund

Oggetto di molti dibattiti nello scorso decennio, la questione dell’esigenza di una incisiva riforma del sistema fiscale è riemersa prepotentemente nell’agenda di Governo, risvegliata dalla consapevolezza delle forze politiche che gli attuali rapporti fiscali con i cittadini sono completamente inadatti a prospettive di rilancio economico. I nodi essenziali da affrontare nell’annunciata riforma sono ben noti, a cominciare dall’elevatissima evasione fiscale che provoca, tra l’altro, la tendenza ad un eccesso di tassazione sulla produzione e lo svuotamento della progressività del sistema. Ad esempio, le risorse del “Recovery fund” non potranno essere impiegate in una diminuzione generalizzata della pressione fiscale; per meglio dire, qualche ritocco dell’imposizione orientato a favorire gli investimenti, come ad es. le imposte e i contributi relativi al costo del lavoro, potrà sicuramente essere realizzato, ma è chiaramente escluso che possa trattarsi di tagli generalizzati sui cespiti reddituali. Da questo punto di vista, è verosimile che l’annunciata riforma fiscale si concretizzi in una operazione sostanzialmente “neutra” rispetto al gettito complessivo, laddove la graduale riduzione della pressione fiscale dovuta a sgravi di imposta dovrà essere compensata da sostanziali recuperi di evasione e di erosione.

Considerate le premesse precedenti, non c’è da attendersi grandi cambiamenti nella distribuzione del gettito, mentre sarebbero auspicabili alcune modifiche di assestamento dei due tributi principali  (l’IRPEF e l’IVA), nonché la revisione delle numerose tassazioni proporzionali sostitutive. Al riguardo, rileviamo che la diffusissima evasione dell’IRPEF incide negativamente anche sull’applicazione di numerosi contributi, (le tasse universitarie, l’ammissione agli  asili nido pubblici, la gratuità di alcuni servizi ecc), mentre la progressività del tributo presenta attualmente aliquote inadeguate, ridotte dalle 32 del 1973 alle 5 attuali e con  l’aliquota massima diminuita dal 72% originario al 43%.  Da rilevare che l’applicazione della progressività è assistita da limiti costituzionali, in merito ai quali la “Scuola di Pavia” di B. Griziotti  ha evidenziato l’esigenza di trovare un certo equilibrio tra il principio costituzionale della progressività ed i princìpi generali,  che prescrivono di “non intaccare le spese private necessarie per la vita del cittadino, il risparmio e l’efficienza della produzione economica

Per quanto riguarda l’IVA, chiamata a svolgere la propria funzione regolatrice del mercato senza alterazione negativa della progressività generale, è verosimile che, i cambiamenti saranno limitati alla rimodulazione delle aliquote e alla revisione di alcuni meccanismi compensativi che rendano più difficoltosa l’evasione.

Dall’insieme delle considerazioni precedenti si deduce agevolmente che, a parità di gettito  (l’IRPEF attualmente frutta all’Erario circa 180 Mld l’anno, ovvero il 34% delle entrate erariali, mentre gli incassi dell’IVA ammontano a circa 150 Mld, rasentando il 28%), i cambiamenti dell’imposizione sul reddito e sugli scambi potranno essere solo di lieve entità , con qualche vantaggio per i redditi di livello medio- basso. In materia di IRPEF, è anche auspicabile che, in luogo dell’attuale progressività per scaglioni, sia adottato il metodo della “progressività nel continuo”, la cui curva consente di attribuire ad ogni livello di reddito un’aliquota media precisa.

Se tutte le remore ai cambiamenti radicali accennati produrranno i loro effetti, com’è prevedibile, la sola riforma significativa possibile nel nostro Paese, ancorché non poco problematica, resta quella inerente una incisiva lotta all’evasione e all’elusione. I numerosi strumenti di lotta all’infedeltà fiscale escogitati negli ultimi 40 anni (scontrini fiscali, accertamento per adesione, redditometro, studi di settore, fatturazione elettronica, ecc.) hanno, però mostrato tutti consistenti limiti di efficacia. Resta ancora da sperimentare fino in fondo uno strumento innovativo reso possibile dalla tecnologia digitale. Si dovrebbe realizzare una drastica diminuzione della circolazione monetaria cartacea, fino alla sua graduale abolizione totale, sostituita dai pagamenti tracciabili, che consentirebbero incroci di dati illimitati nel numero e inequivocabili nelle risultanze. Si tratta di ampliare gradatamente i pagamenti digitali nella prospettiva della totale abolizione della circolazione cartacea, lasciando in vigore solo le piccole monete divisionali.

Contro una simile eventualità si leverebbero alte le grida dei “difensori della libertà”, propugnatori della facoltà di spendere il proprio danaro senza darne conto neppure al fisco. Se costoro accettano la convenzione monetaria per cui un lembo di carta filigranata assume valenza legale quale mezzo di pagamento, dovrebbero parimenti accettare che una tesserina rilasciata da un istituto abilitato abbia la stessa valenza. Questo cambiamento radicale comporterebbe, naturalmente, anche  qualche inconveniente, comunque eliminabile, ma il nuovo strumento assicurerebbe al titolare la più ampia libertà di spendere come vuole il proprio danaro;  tranne la possibilità di nascondere agli uffici fiscali della collettività cui appartiene “tutte” le sue transazioni economiche.

Il funzionamento della società civile ne trarrebbe grandi benefici, senza il minimo danno per le libertà fondamentali. Oltre ad una significativa riduzione dell’evasione fiscale, ne conseguirebbe anche la capacità di mettere in crisi tutti i mercati illegali, quali il potere economico delle mafie, lo spaccio della droga, il riciclaggio dei capitali sporchi, l’usura, le scommesse clandestine, ecc.

La questione della “privacy” sarebbe fuori discussione, poiché questo strumento, completamente gratuito, dovrebbe godere di una  protezione legale rafforzata; sarebbe la contropartita accordata alla possibilità di smascherare l’illegalità impunita e la facoltà di evadere i propri doveri fiscali da parte dei soliti furbi, senza essere minimamente disturbati.

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