Uno splendido anello su strada e fuori-strada, intorno al Monte Altissimo nel cuore delle Alpi Apuane, per bikers ben allenati
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Descrizione pubblicata sul sito foglieviaggi.cloud il 30 agosto 2020, dell’itinerario compiuto in mountain bike tre giorni prima – Gli altri itinerari in bici o a piedi sulle Alpi Apuane disponibili su questo sito sono raccolti nel portale Il Gitario: ivi anche il Repertorio interattivo delle gite.
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Dislivello complessivo: circa m 1350
Partenza dal livello del mare
Altezza massima sul livello del mare: m 1250
Lunghezza: circa km 60
Su strada aperta al traffico ordinario: km 50 circa
Su marmifera in alta quota: km 10 circa
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Come per tutti gli itinerari di questo Gitario, anche per questo partiamo dal Forte dei Marmi, dove faremo ritorno al termine della gita.
Imbocchiamo la via che costeggia il fortino (foto qui a sinistra), perpendicolare alla costa: è quella lungo la quale fino all’inizio del secolo scorso dalle cave del Monte Altissimo scendevano fino al pontile di imbarco i blocchi di marmo sui carri trainati dai buoi, e che oggi si chiama via Provinciale. Percorsi poco più di tre chilometri arriviamo al semaforo di Querceta, dove attraversiamo l’Aurelia e – mediante un sottopassaggio ciclabile – la ferrovia, per proseguire (per altri quattro chilometri) verso Seravezza.
Attraversato il centro di questo comune versiliese, passiamo tra il bel Palazzo Mediceo (foto qui a destra) e le sue scuderie, incominciando a salire verso Ruosina (4 km). Passata Ruosina, dopo un chilometro si arriva a un bivio: se si prende a destra si va a Ponte Stazzemese, con possibilità di salita a sinistra alla conca di Cardoso (m. 250 s.l.m.), Volegno e Pruno (m. 475), a destra a Stazzema (m. 400), Pomezzana e Farnocchia (m. 685); noi, invece, al bivio dopo Ruosina prendiamo a sinistra seguendo le indicazioni per Castelnuovo Garfagnana e Arni.
La strada sale con una pendenza dolce e costante, in gran parte in mezzo ai boschi di castagno e quindi all’ombra, lambendo i paesini di Retignano, Levigliani e Terrinca (quest’ultimo è l’abitato più antico di questa parte dell’alta Versilia, a quota 450 metri s.l.m.) un tempo abitati prevalentemente da cavatori delle cave dell’Altissimo. Dopo Terrinca una strada sulla destra porta a Passo Croce (m. 1000), da dove si diparte una sterrata assai bella, che porta quasi alla vetta del monte Corchia (m. 1678). Noi invece proseguiamo sulla strada provinciale, che, offrendo panorami sempre più ampi sul monte Altissimo e sulla costa, sempre con pendenza dolce porta piacevolmente all’imbocco del tunnel del Passo del Cipollaio (m. 800).
A questo punto, una prima opzione – adatta a chi è su bici da strada – è quella di attraversare il tunnel, scendendo alla località Tre Fiumi (m. 700 circa), per poi risalire da lì al paesino di Arni (m. 900) e proseguire verso il Passo del Vestito (m. 1040), tutto su strada asfaltata. Noi invece prendiamo sulla sinistra una stradella ripida, inizialmente su fondo di asfalto martoriato qua e là da buche e frane, che sale per due chilometri fino a una barriera, aperta solo negli orari di lavoro delle cave soprastanti (ma in bici si passa comunque). Qui sulla destra parte un sentiero che sale a Passo Croce; noi invece proseguiamo per la strada marmifera, che sale – ora meno ripidamente – dentro un bosco fitto portando dopo meno di un chilometro a un bivio: a sinistra si sale alla stupenda Cava di Cervaiole (m. 1050 s.l.m.), cui va imputato il grave demerito di essersi “mangiata” quasi interamente quello che un tempo era il Pizzo di Falcovaia, ma che resta uno dei punti panoramici pià belli sull’intera costa della Versilia e ben oltre, fino all’Elba a sinistra e Porto Venere e l’Appennino Ligure a destra (nelle giornate limpide da qui si vede distintamente il “dito” della Corsica). Per il Passo del Vestito, invece, al bivio si prende a destra. La marmifera sale, con fondo a tratti sconnesso, a tratti intagliato direttamente nel marmo bianco, verso il crinale che divide il versante versiliese dal versante nord del Monte Altissimo, valicandolo attraverso una antica galleria scavata dai cavatori (m. 1141 – foto qui sopra a sinistra). Quindi prosegue con pendenza molto dolce per un chilometro, sempre in mezzo ai castagni fino alla Cava del Fondone, che costituisce il punto più alto raggiunto in questa gita (m. 1250 s.l.m.).
Questa Cava (foto a destra) ha devastato l’intera parte alta della parete nord del Monte Altissimo, distruggendo il sentiero che da dove ora è il suo piazzale saliva al Passo del Vaso Tondo (m. 1389) e da lì alla vetta (m. 1589) per la cresta est. Un altro disastro naturalistico, nel cuore del cosiddetto Parco delle Apuane. Gli escursionisti che frequentano abitualmente queste montagne ormai ci hanno fatto – come si suol dire – il callo e considerano le cave come parte dell’ambiente naturale; ma appare folle che le autorità di governo della Toscana non si interroghino sulla necessità di limitare molto più drasticamente di quanto sia limitato oggi l’impatto sull’ambiente di questa attività estrattiva.
Visitata la Cava, con il suo piazzale ingombro di grandi parallelepipedi di marmo bianchissimo, si torna indietro di qualche decina di metri per imboccare il ramo della marmifera che scende verso la Cava del Piastrone. Da qui in poi la strada – tutta agevolmente ciclabile, con qualche saliscendi: foto qui a sinistra – corre fuori del bosco, presentando alcuni bellissimi tratti aerei con vista sulle Apuane meridionali e la valle di Arni. Passato il punto da cui si diparte sulla sinistra il sentiero 33 che porta al Passo degli Uncini (m. 1400) e da lì alla vetta dell’Altissimo per la cresta ovest, la sterrata arriva a una cava dismessa molto antica e assai suggestiva per le sue alte pareti verticali di marmo annerito dal tempo; e passa sopra un bellissimo ponte altrettanto antico, per poi superare una barriera e scendere con una grande curva all’imbocco orientale del tunnel del Passo del Vestito (m. 1040).
Qui, prima di attraversare la galleria, si può scendere di pochi metri verso Arni per dissetarsi e rifocillarsi al rifugio-ristorante Le Gobbie.
Il tunnel del Vestito come quello del Cipollaio, è lungo circa un chilometro; ma a differenza di quello, non è illuminato. E quando ci si trova nella sua parte intermedia il buio è totale e spaventoso. Se non si è dotati di luci adeguate, conviene attendere all’imbocco la prima automobile che passa e chiedere a chi la guida la gentilezza di venirci dietro facendo luce e proteggendoci dagli altri autoveicoli che potrebbero sopraggiungere: in mezzo secolo di attraversamenti estivi di queste gallerie non mi è mai accaduto che a questa richiesta un autista abbia opposto un rifiuto.
Si sbuca così sul versante massese del valico, in una zona fascinosissima chiamata Pian della Fioba, con bella vista sulle Apuane settentrionali e sulle cave che sovrastano Massa e Carrara. Dopo tre chilometri si incontra una cappellina (con fontana) dedicata ai caduti della guerra partigiana, dove ha inizio un secondo sentiero (segnavia 41) che conduce alla cresta ovest dell’Altissimo e al Passo degli Uncini. Segue una discesa in picchiata verso i paesi di Antona (m. 402) e Altagnana (m. 314), con attraversamento di piccole gallerie (foto a destra) e una serie di tornanti con vedute vertiginose sul mare (foto qui sotto).
Si arriva così a San Carlo Terme e poi a Massa. A chi deve tornare al Forte dei Marmi conviene seguire le indicazioni per la stazione ferroviaria, proseguire per poche centinaia di metri verso est parallelamente alla ferrovia, fino a una rotonda, subito dopo passare sotto la ferrovia e proseguire su viale della Repubblica per un chilometro fino al primo semaforo; qui prendere a sinistra su via Romana e seguirla per tre chilometri fino a dove, svoltando a destra, si imbocca via Poveromo. Questa passa sopra l’autostrada e dopo altri tre chilometri raggiunge il lungomare. Se si prosegue verso sinistra si passa il fiume Cinquale, e da lì dopo altri quattro chilometri si arriva al pontile del Forte.
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