Una persona tanto fragile quanto forte e straordinariamente capace di capire nel profondo l’animo di chi le stava intorno e il proprio – L’evidenza fotografica, necessariamente esteriore, a confronto con l’intreccio degli invisibili percorsi e aporie dello spirito
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Un album di foto è forse il documento più superficiale e quindi fuorviante di cui si possa disporre per conoscere il vissuto di una persona e ancor più di una famiglia. Quando siamo fotografati sorridiamo, anche se dentro di noi non ne avremmo motivo; se siamo noi a eseguire la foto, selezioniamo l’inquadratura migliore delle persone e dell’ambiente circostante escludendo accuratamente tutto quanto consideriamo antiestetico, non meritevole di essere ricordato. Ci immortaliamo quando siamo ben vestiti e insieme in armonia, o almeno facciamo come se lo fossimo, non mentre ci sentiamo in disordine o stiamo litigando. La vita vera di ciascuno di noi e di ogni famiglia è fatta anche di tutte le cose che l’inquadratura tende a escludere, di ferite inferte – anche involontariamente – e conseguenti rancori, di grovigli di sentimenti che in parte nascondiamo persino a noi stessi. Costanza, invece, ha dedicato gran parte della sua vita adulta a far luce su quei grovigli, affrontandone deliberatamente la sofferenza. Per questo noi marito e figlie abbiamo cercato di mettere le non molte foto di lei di cui disponiamo a confronto con alcuni frammenti, di cui lei stessa ci ha messi a parte, del risultato della sua lunga ricerca analitica sulla propria vicenda esistenziale. Con questo non abbiamo certo la pretesa di rappresentare la realtà a tutto tondo di una vita, ma soltanto di avvertire che essa è infinitamente più complessa di quanto qualsiasi immagine fotografica possa restituire.
I frammenti di poesie sono tratti da Poesie per Costanza – 1973-1998.
Altre foto e documenti relativi alla vita e alle opere di Costanza sono disponibili sulla pagina web a lei dedicata.
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La prima infanzia
Costanza ebbe per tutta la vita con sua madre, Romana Rossi Strada, un rapporto ambivalente: per un verso di grande amore e quasi identificazione personale (“mi sentivo diventare lei”), per altro verso di protesta per essere stata – diceva – da lei frenata fin dai primi anni in ogni suo slancio e manifestazione di entusiasmo. Arriverà ad imputarle addirittura quella che era giunta a percepire come una sorta di “infibulazione psicologica”, superata attraverso un doloroso e non facile percorso psicanalitico.
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Immagini dell’adolescenza: l’amicizia con Evelyne
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L’adolescenza di Costanza è segnata soprattutto da tre esperienze: la partecipazione al movimento di Gioventù Studentesca e due viaggi di studio all’estero: un primo con sua sorella Agnese a Veyrier, in Svizzera, presso un Istituto di Suore (del quale non è rimasta alcuna documentazione fotografica), un secondo a Bordeaux, nell’ambito di uno scambio con una ragazza francese, Evelyne Desvergnes, con la quale nascerà un’amicizia intensa, durata per tutta la vita.
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1971 – Il viaggio della libertà conquistata
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Nel 1971 Costanza fa un altro viaggio in Francia con la sua migliore amica e compagna di studi universitari, Giovanna Ichino, un ragazzo che in quel periodo fa la corte alla sorella maggiore di quest’ultima ma che poi diventerà marito di Giovanna, Giambattista (Giamba) Picinali, e un amico trentino che studia alla Cattolica a Milano, Piero Taller. Costanza ricorderà sempre quel viaggio come un momento felice di passaggio verso l’età adulta e di liberazione dalle sudditanze cui si era sentita legata nell’adolescenza.
A Milano è un periodo tempestoso sul piano politico, culturale e nella vita della Chiesa: sono gli anni della “messa in piazza” (La casa nella pineta, nono capitolo), di cui Costanza è tra i protagonisti. In lei prevale in questo periodo lo spirito della contestazione dell’esistente e il desiderio del cambiamento, anche del proprio essere.
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1971-73 – Il periodo del fidanzamento e il giorno del matrimonio
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Nell’estate del 1971, approfittando di un periodo di assenza di sua sorella Giovanna, Pietro Ichino fa la corte a Costanza, che non si sottrae: al suo ritorno, Giovanna scopre la tresca. Nel giugno 1972 Pietro partirà per il servizio militare.
In omaggio a uno stile severo di sobrietà e servizio, cui Costanza e Pietro lo vogliono ispirato secondo l’insegnamento di don Lorenzo Milani e gli ideali del movimento del ’68 e del ’69, il matrimonio venne celebrato alle 9 di mattina in modo semplicissimo, seguito da una cioccolata nella vicina grande casa della Nonna Paola; e i regali di nozze sono destinati per metà ad aiutare una coppia di sposi poveri, per l’altra metà all’acquisto di attrezzature per il servizio di assistenza legale per i lavoratori che Pietro sta organizzando presso la Camera del Lavoro di Milano.
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I primi anni di matrimonio
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In questo periodo in Costanza matura, per ora inavvertitamente, una sorta di rovesciamento interiore sul quale più tardi si interrogherà a lungo: in lei incomincia a prevalere la diffidenza nei confronti dei propri impulsi alla rivoluzione, non tanto quella politica quanto quella esistenziale.
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Tu non osi sperare. E ti è amaro
quel che sperato non hai.
Ti accontenti di poco, cammini
chino lo sguardo per terra.
Ma il cammino è leggero se gli occhi
sanno guardare lontano.
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1978 – Nasce Giulia
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Tu dici “son debole”,
ma con forza conduci
per mano in silenzio chi ami.
“Son cieca”; ma illumini
a entrambi la strada
anche quando il cammino è più scuro.
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Si apre un periodo nel quale Costanza sente riprodursi dentro di sé verso la primogenita gli stessi atteggiamenti che rimprovera a sua madre. L’intero decennio successivo della sua vita interiore sarà segnato profondamente dall’impegno non facile a liberarsene.
L’inizio del lungo viaggio dell’analisi
Io vidi, non visto
la sorte gettata.
Non dissi “Coraggio”.
Ti vidi turbata
esitar sulla soglia.
Tacere fu saggio.
E tu fosti forte:
scegliesti da sola
la via del tuo viaggio.
1983 – Nasce Anna
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Alla nascita di Anna segue un periodo di depressione, che Costanza affronta con l’aiuto al tempo stesso dei farmaci antidepressivi e dell’analista, trasformandolo in un momento straordinario di ricerca e di scoperte su se stessa e il suo rapporto con i genitori, la grande famiglia degli Ichino, le amiche più care, e soprattutto le due figlie.
Cieco è chi crede di vederci chiaro.
Sol chi è passato per la selva oscura
riesce ad aprire gli occhi per davvero.
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Insegnamo ai figli parole
senza saper quale lingua
parleranno domani.
Allegri no, ma attenti
ci incamminiamo
verso una terra che non ci è promessa.
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Quando si è tutti sulla stessa barca (anche se qualcuno preferirebbe disporre di barche distinte)
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È questo il periodo in cui si manifesta più intensamente la pretesa del grande clan degli Ichino di uniformare, controllare, organizzare, coordinare i comportamenti dei singoli nuclei familiari e dei loro membri. E più intensamente Costanza ne soffre.
È anche il periodo in cui Costanza sta sbucando da quello che lei stessa indica come il tunnel del suo lungo percorso analitico. Una delle manifestazioni esteriori della sua nuova temperie esistenziale è il modo di acconciare i capelli, che sostituisce quello precedente da lei – ridendo – definito “minimalista”.
È – last but not least – il periodo nel quale decide, dopo un lungo e a tratti lacerante travaglio interiore alimentato e alla fine risolto anche attraverso l’introspezione psicanalitica, di lasciare il posto di ruolo di ricercatrice all’Università di Bergamo e assumere quello – pagato molto meno – di collaboratrice autonoma della Casa Editrice Giuffré per la segreteria di redazione della Rivista italiana di diritto del lavoro, di cui Pietro è dall’anno prima capo-redattore.
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Gli anni ’90
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Calipso: Temo per te lontano.
Ulisse: … e temi il vento
che per il mare mi spinge.
Ma tu stessa cucisti le vele
perché la mia barca
potesse lasciar questo lido.
Calipso: E farvi ritorno
perché qui soltanto sei stato felice.
Ulisse: Qui soltanto
l’arte tua arcana
nasconde il tempo che passa.
Ma non è che illusione.
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Al “Clan degli Ichino” – come lo chiamava Costanza – il Nonno Luciano apparteneva solo per elezione, per essersi scelto i genitori della Nonna Francesca come propri (v. La casa nella pineta, secondo capitolo), ma in realtà agli occhi della stessa Costanza non ne faceva parte fino in fondo. Al contrario, lei si sentiva particolarmente accomunata a lui, oltre che dall’esperienza della depressione ricorrente, anche dal modo per nulla intrusivo nel quale lui concepiva e praticava i rapporti tra i nuclei familiari all’interno della grande tribù.
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Gli anni 2000 e la battaglia vinta contro i tumori
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Nell’estate 2000 a Costanza venne diagnosticato il primo tumore al seno, cui fece seguito un ciclo di radioterapia e uno di chemioterapia. Nonostante l’intervento chirurgico e le cure successive, non volle sospendere il suo lavoro di segretaria di redazione, che portò a compimento regolarmente senza che alcuno dei moltissimi collaboratori percepisse alcun impedimento o ritardo nelle sue risposte.
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L’ultimo decennio
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Dal 2010 incominciano a manifestarsi i primi segni inequivoci (almeno visti con gli occhi del poi, ma per la diagnosi occorrerà attendere a lungo) della malattia neurologica: la mancanza di equilibrio, le prime difficoltà nel camminare, le prime cadute. Nel 2014 la prima frattura del femore, nell’agosto 2015 al Forte la seconda, in entrambi i casi con il necessario periodo di riabilitazione.
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Gli ultimi giorni
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L’addio
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