L’impressione è che il Governo stia utilizzando troppo disinvoltamente lo strumento dell’integrazione salariale, sottovalutando sia il rischio degli abusi, sia quello di un dannoso addormentamento del tessuto produttivo
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Intervista a cura di Valeria Manieri, pubblicata sul quotidiano il Foglio l’8 luglio 2020 – In argomento v. anche la mia intervista a Libero del 15 giugno scorso, Si sbloccano i licenziamenti ma i lavoratori non hanno gli strumenti per rioccuparsi
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Professor Ichino, come funziona il Fis per i sindacati e fino a che punto è legittimo da parte dei sindacati l’utilizzo di una forma in deroga di cassa integrazione, per covid, e in quali fattispecie?
Il Fis-Fondo Integrazione Salariale è previsto e disciplinato dal decreto legislativo n. 148 del 2015, uno degli otto decreti attuativi del Jobs Act, per coprire tutti i rapporti di lavoro non coperti dalla Cassa Integrazione in aziende con più di 5 dipendenti. La forma di assicurazione è analoga, anche se opera in un novero di casi più ridotto e con prestazioni meno estese nel tempo. Questo strumento è stato attivato per far fronte all’emergenza sanitaria nel marzo scorso dal primo decreto emergenziale del Presidente del Consiglio dei Ministri per tutti i rapporti di lavoro non coperti dalla Cig: dunque anche per quelli di cui è titolare una qualsiasi associazione sindacale.
Landini ha negato il ricorso CGIL alla Cassa Integrazione, quando è praticamente certo che non solo CGIL ma anche altri sindacati vi abbiano fatto ricorso. Perché negarlo?
Sul piano tecnico specialistico, se Landini ha detto questo non ha mentito, perché la Cig è cosa diversa dal Fis. Ma dal punto di vista della doverosa trasparenza, è stato reticente. Perché il FIS eroga pur sempre una forma di integrazione salariale.
I sindacati su questo non dovrebbero essere più trasparenti, specificando anche i numeri del fenomeno?
Su questo, come su qualsiasi altro aspetto della loro organizzazione e gestione. Non mi spiego questo difetto di trasparenza, anche perché francamente non vedo niente di male nel fatto che anche i sindacati si siano avvalsi di questo strumento, previsto proprio per situazioni straordinarie come quella che ha colpito il mondo intero in questi mesi.
A suo parere in Italia attualmente vi sono aziende e sindacati che stanno utilizzando questi fondi per risparmiare e magari rimettere a posto qualche bilancio?
Di sindacati non so. So invece di alcune aziende che stanno abusando dell’integrazione salariale incondizionata – sia essa erogata dalla Cig o dal FIS -, fingendo la sospensione delle prestazioni di lavoro che invece hanno effettivamente ripreso, e pagando alle persone interessate la parte di retribuzione non coperta, ovviamente in nero. Ci sono, poi, anche forme di abuso meno gravi ma persino più dannose per l’economia del Paese.
A che cosa si riferisce?
Ai casi di piccoli esercizi che, finché dura l’integrazione salariale incondizionata, preferiscono restar chiusi aspettando che i consumi tornino a livelli normali, per non rischiare di riaprire in perdita. La realtà è che qualsiasi forma di sostegno del reddito non soggetto a controlli e condizioni ha in qualche misura un effetto di “addormentamento”, di allungamento dei periodi di non lavoro. Non mi stupirei se, parallelamente, anche molte strutture sindacali rimanessero “in letargo” per tutto il tempo in cui durerà l’integrazione salariale.
Rimedi?
Porre termine all’integrazione salariale incondizionata, e conseguentemente anche al blocco dei licenziamenti. Le risorse disponibili per il sostegno del reddito di chi perde il posto vengano semmai destinate a rafforzare i trattamenti di disoccupazione. E anche a rafforzare le politiche attive del lavoro, per le quali in questi mesi di emergenza non è stato stanziato un solo euro aggiuntivo.
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