TRE DOMANDE AI DIRIGENTI PER SMASCHERARE IL FALSO SMART WORKING

Per esempio, quello degli addetti alle cancellerie che non hanno accesso alla Rete Unica Giustizia, della funzionaria di consolato che non risponde alle mail e il cui cellulare non compare sul sito, degli studi notarili che non comunicano a distanza con gli uffici comunali dello stato civile: quando il lavoro agile non è posto in condizione di poter funzionare

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Lettera pervenuta il 29 giugno 2020 a seguito della polemica suscitata dalla mia intervista del 23 giugno,
Lo smart working non è questo .
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Sono il responsabile dei Servizi Demografici di un comune piemontese di 21.000 abitanti e sto seguendo con interesse il dibattito sullo smart working.

Lavoro in un servizio essenziale di una pubblica amministrazione. Tale è lo stato civile che si occupa delle registrazioni di nascita e di morte, e, durante l’emergenza, insieme a compagne e compagni di lavoro eravamo in servizio con altri dipendenti comunali, addetti alla protezione civile, alla polizia municipale, al cantiere per un totale del 30% della forza lavoro comunale. Anche chi era in smart working ha avuto la possibilità di lavorare da remoto con i programmi informatici comunali tramite la piattaforma Tsplus.

Purtroppo la mia esperienza lavorativa di questi ultimi mesi mi dice che non tutte le P.A. e nemmeno qualche privato, hanno dato ai propri dipendenti la possibilità di lavorare per davvero da casa. Tre episodi, che non riguardano solo il pubblico ma anche un settore privato che gode di una rendita monopolistica.

Dagli uffici giudiziari del capoluogo ci informano che, in adempimento delle misure organizzative disposte per fronteggiare l’emergenza Covid-19, c’è solo una persona al giorno presente in ufficio, e il restante personale in smart working non è collegato alla RUG – Rete Unica Giustizia – e non può lavorare in produzione da remoto sugli applicativi… insomma sarà normale un po’ di ritardo nelle comunicazioni.

Anche la funzionaria di un consolato italiano all’estero, interpellata per una pubblicazione all’albo pretorio consolare, lavora solo di venerdì ma in smart working non risponde alle mail. La funzionaria è molto disponibile, tanto da indicarmi anche il suo cellulare personale per ulteriori problemi, che però non è un contatto che compare sul sito del consolato.

L’ultima esperienza riguarda l’attività lavorativa dei notai che regolarmente mandano nel mio ufficio i loro clienti, che tra l’altro pagano profumate parcelle, per richiedere certificati di stato civile necessari per la loro attività. Ho colto l’occasione dell’emergenza covid per invitare tutti i notai del territorio comunale a richiedere direttamente la certificazione necessaria con mail o con pec, assicurando una risposta con lo stesso mezzo nel giro di una giornata lavorativa. Proprio nel pieno dell’emergenza mi telefona un dottore dell’ospedale che ha bisogno di un’estratto di morte per la pubblicazione di un testamento dove la defunta ha disposto un legato per l’ospedale (tra l’altro mi dice se posso darlo al sindaco che vedrà il giorno seguente in una riunione). Lo informo della procedura telematica di cui dovrebbe essere a conoscenza il notaio, piacevolmente sorpreso della facilità con cui si può acquisire il documento mi congeda dicendo che informerà il notaio. Mi ritelefona nel giro di qualche minuto chiedendomi se può fare lui la richiesta perché la segretaria del notaio è in smart working e non può scrivere mail (?).

È evidente che tutti questi lavoratori  erano solo nominalmente in smart working perché non potevano usare da casa non solo i programmi gestionali ma nemmeno la posta elettronica, mezzo ormai fondamentale per l’attività di qualunque lavoratore.

Smascherare questo falso smart working è semplicissimo, bastano tre domande rivolte ai dirigenti pubblici che hanno disposto l’attività lavorativa da casa per i loro dipendenti:

1) utilizzano gli stessi programmi gestionali che utilizzano in ufficio?

2) rispondono alle mail ed alle pec?

3) redigono report specifici e concreti, tali da rendere chiaramente il contenuto delle attività svolte, evitando l’elencazione astratta di generiche mansioni o incombenze?

Naturalmente con l’avvio della fase 2, il mio ufficio è riaperto al pubblico, non solo per i servizi essenziali, ma purtroppo mi capita ancora di avere difficoltà a contattare altri uffici pubblici perché il personale è in smart working. Perché diventa così difficile tornare alla normalità? Perché la P.A. non riesce ad applicare le disposizioni dettate per garantire l’apertura in sicurezza degli sportelli dedicati al pubblico?

Marco Gianone

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